Pur coinvolta in una nuova polemica a seguito del pubblicato rapporto della ong giornalistica ProPubblica, la messaggistica WhatsApp ha proseguito la sua routine, fatta di sviluppi funzionali (non palesi) ma anche di dolorosi abbandoni in merito a device non più supportati in quanto obsoleti.
Di recente, WhatsApp ha varato, inizialmente in favore dei device Samsung, uno strumento che consente la migrazione delle chat da Android a iOS: secondo i leaker di WABetaInfo, che hanno analizzato via reverse engineering una versione della nota messaggistica, è in sviluppo anche il procedimento inverso, come confermato dalla schermata “Move chat to iOS” destinata ad apparire prima che venga fatto partire il procedimento: su quest’ultimo non sono emersi dettagli, ma appare probabile che coinvolgerà anche altre marche di device Android, oltre a Samsung, e che si svolgerà, lato hardware, usando un cavo e, lato software, facendo affidamento sull’app cupertiniana “Move to iOS” (attualmente alla versione 3.1.2, dal peso di 1.5 MB).
Nell’attesa che tale funzionalità affiori al pubblico, in una delle prossime beta, WhatsApp ha aggiornato le sue F.A.Q confermando che, dal prossimo 1 Novembre, cesserà di supportare alcuni vecchi sistemi operativi con la conseguenza che gli utenti in possesso di device (circa 43, tra cui Galaxy SII, Galaxy Xcover 2, Galaxy S3 Mini, LG Optimus L7 II, Huawei Ascend G740, Caterpillar Cat B15, Alcatel One Touch Evo 7, iPhone SE di 1a generazione, iPhone 6S, iPhone 6s Plus) con Android Ice Cream Sandwich 4.0.3, iOS 9, e KaiOS 2.5.0, dovranno aggiornare il firmware dei propri telefoni (possibile, ad esempio, per i feature phone JioPhone e JioPhone 2 che possono passare a KaiOS 2.5.1) o, nell’impossibilità di farlo, acquistare smartphone più moderni.
Infine, le polemiche. Negli scorsi giorni, l’organizzazione di giornalismo indipendente ProPublica ha condiviso un rapporto che attenuerebbe la portata protettiva della criptazione end-to-end per le chat di WhatsApp: ciò avverrebbe in quanto in alcune località (Texas, Austin, Dublino e Singapore) opererebbero 1.000 moderatori assunti a contratto che, con particolare strumenti di Facebook, potrebbero accedere ai messaggi segnalati onde scovare eventuali irregolarità. Nel medesimo rapporto si cita anche il fatto che Menlo Park condividerebbe col Dipartimento di Giustizia e le forze dell’ordine record non crittografati e metadati dei messaggi.
WhatsApp ovviamente ha subito replicato, dopo aver precisato in origine che riduce al minimo la raccolta dei dati necessari a far funzionare gli strumenti che scovano eventuali violazioni nei messaggi segnalati, spiegando che dai feedback ottenuti sia emerso come gli utenti siano consapevoli “che quando fanno segnalazioni a WhatsApp riceviamo i contenuti che ci inviano” (in particolare 5 messaggi, tra cui quello incriminato e i quattro precedenti). Inoltre, il team di Mark Zuckerberg non ha mancato di sottolineare come siano state introdotte nuove opzioni a tutela della privacy, come i messaggi che scompaiono e i media che possono essere visti una sola volta.