Nonostante sia una delle espressioni artistiche più importanti di questo millennio, con radici storiche e culturali di un certo rilievo, molto diffuse in svariate popolazioni del mondo, l’arte dei tatuaggi ha ricevuto una sentenza negativa dalla Direzione Affari Religiosi (Diyanet) dello Stato turco, sotto la guida del Gran Mufti Mehmet Gormez, una delle principali autorità religiose dell’islam.
Infatti, attraverso una fatwa, la Turchia ricorda ai musulmani che i tatuaggi sono vietati in quanto “Allah e Maometto li condannano”. Non importa che si tratti di tatuaggi cinesi, giapponesi, di semplici fiori, stelle o scritte: il divieto di realizzare tatuaggi sul corpo è assoluto, così come espresso da Maometto e dal suo Dio Allah.
“Una persona che abbia un tatuaggio sul suo corpo dovrebbe cancellarlo. O se non può deve esprimere pentimento verso Dio” queste sono le dure parole della fatwa che aggiunge anche “La nostra religione vieta i tatuaggi, il fatto di creare immagini iniettando inchiostro sotto la pelle. Il profeta ha detto: Allah ha maledetto coloro che cambiano il loro aspetto creato da Dio”.
Vita dura, dunque per le giovani generazioni musulmane che vogliono concedersi un tatuaggio, anche a sfondo religioso. Bisogna aggiungere anche che tale divieto riguarda pure i piercing ed il trucco, soprattutto durante le ore scolastiche. Il nuovo regolamento prevede, inoltre, il divieto di tingersi i capelli e impone agli uomini una cura meticolosa del proprio viso, che deve essere privo di barba o baffi.
Probabilmente, fra tutti i divieti, quello sui tatuaggi sarà quello che susciterà più interesse dal momento che sono molti i giovani che decidono di concedersi questa forma d’arte che risale addirittura alle prime popolazioni maori e che in alcuni casi cela dietro semplici disegni un significato davvero molto profondo. Non si tratta, dunque, soltanto di inchiostro sotto la pelle ma di rappresentazioni simboliche vere e proprie.
Dura la reazioni dei sindacati turchi, che hanno espresso il loro dissenso certi del fatto che tale norma porta “la Turchia nel Medioevo”.