Giro di boa settimanale all’insegna di tante novità, e di qualche preoccupazione, per il gigante dei social network, Facebook, alle prese con nuovi progetti, e propositi edificanti, ma anche con nuove inchieste, polemiche, e sentenze giudiziarie avverse.
Ormai da un paio di anni, Facebook lavora, nel Reality Labs di Redmond, nei pressi di Washington, alla realizzazione di occhiali per la realtà aumentata il cui esordio è stato sempre rinviato per la difficoltà di miniaturizzarne le dimensioni, onde renderli appetibili per i consumatori.
La svolta, secondo CNBC, potrebbe arrivare – tra il 2023 ed il 2025 – dalla collaborazione (già spoilerata a Maggio) con il marchio Ray-Ban di Luxottica che, forte di un’analoga esperienza maturata anche in proprio, sarebbe coinvolta nella realizzazione di un diverso paio di occhiali AR, chiamato “Orion”, capace di visualizzare le informazioni in un piccolo display, di gestire le chiamate, di realizzare dei live streaming via fotocamera, col controllo dell’interfaccia che avverrebbe tramite i comandi vocali impartiti a un concierge virtuale proprietario, e l’inserimento dei dati operato tramite una periferica ad anello (“Agios”). Di parere diverso è il portale The Information, secondo cui la collaborazione con Luxottica è reale, sebbene finalizzata a portare sul mercato, nei prossimi due anni, gli occhiali smart “Stella”, concepiti – con tanto di app mobile ed assistente virtuale dedicato – quale alternativa agli Spectacles, ideati da Snapchat nel lontano 2016 ed oggi già alla terza generazione.
Nell’attesa che si concretizzi il paio di occhiali smart Orion o Stella by Ray-Ban, Facebook si è già lanciata in una nuova iniziativa, per altro confermata via post dallo stesso CEO Mark Zuckerberg che ha reso noto l’intenzione di creare, un po’ come il consiglio d’amministrazione in tutela degli interessi dei soci, un consiglio di vigilanza esterna, a tutela degli utenti (che in questo modo potrebbero sentirsi più liberi di esprimersi), il quale prenderà decisioni, vincolanti (anche contro il parere dello stesso Mark), sui contenuti che eventualmente andranno rimossi dal social.
Probabilmente, però, tra le preoccupazioni dei piani alti di Menlo Park non vi è solo la tranquillità degli utenti, considerando due problematiche emerse di recente. Il quotidiano britannico The Guardian, in un’inchiesta simile ad una dello scorso Febbraio targata The Verge, ha evidenziato le difficili condizioni di lavoro in cui operano i moderatori della piattaforma, spesso precari, sottoposti a turni massacranti di 8 ore con ritmi vertiginosi, sovente esposti a contenuti disturbanti (es. di razzismo o di pedofilia), con la conseguenza che molti di essi, non adeguatamente supportati psicologicamente, hanno cercato conforto nell’alcol, nella droga, o sono risultati influenzati da quel che leggevano e guardavano. Facebook, ovviamente, si è detta interessata a migliorare il settore della moderazione, per sé ancora nuovo, auspicando che le aziende partner forniscano ai propri dipendenti quel supporto di cui hanno bisogno.
Come se non bastasse, il Tribunale di Milano, che già si era pronunciato contro Facebook in prima istanza ed in appello, ha sentenziato che il colosso dei social dovrà risarcire, oltre che al pagamento delle spese legali, con 350 mila euro una piccola azienda milanese, Business Competence, per averle copiato, mediante “Nearby Places”, l’applicazione “Faround” che, mediante la geolocalizzazione, suggeriva agli utenti i bar ed i ristoranti cui rivolgersi nei paraggi.