Studenti in corteo di protesta contro Salvini. Violenze in 70 città italiane

Bandiere della Lega bruciate e un manichino col volto di Matteo Salvini dato alle fiamme. Così gli studenti hanno protestato contro il decreto sicurezza voluto dal capo del Viminale.

Studenti in corteo di protesta contro Salvini. Violenze in 70 città italiane

Quando si tratta di attaccare il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, tutto sembra lecito. E non parliamo solo degli insulti dissennati piovuti da politici e intellettuali di sinistra, ma delle violente manifestazioni che si sono svolte ieri a Milano, Roma, Napoli, e in altre 70 città, contro il decreto sicurezza voluto dal capo del Viminale.

Centinaia di studenti sono scesi in piazza nel giorno del “No Salvini day” per protestare contro la fantomatica deriva fascista in cui starebbe scivolando l’Italia, contro il blocco dell’immigrazione, contro il presunto odio razziale seminato dalla Lega, contro il clima di intolleranza che pare non esserci quando a essere vittime dei profughi sono gli italiani.

Molti studenti, durante le manifestazioni, hanno indossato le magliette della nave Mediterranea – una Ong – per difendere il diritto degli immigrati a riversarsi in massa sulle nostre coste. La crisi della scuola, con i fondi perennemente tagliati, è finita così in secondo piano davanti alla necessità di difendere i profughi, molti dei quali in odore di delinquenza e terrorismo islamico.

“Tutti con Mediterranea,disobbedienza morale al clima di xenofobia, obbedienza al diritto, all’umanità, alle leggi del mare“, sono queste le parole che gli studenti hanno urlato dai microfoni. Esponendo anche un grosso cartello con su scritto: “Saperi liberi e senza confini, no al decreto sicurezza“.

Sono i nuovi “Sessantottini” dell’Italia moderna, che urlano la loro incomprensibile rabbia contro Salvini, manipolati sicuramente da forze antagoniste al governo giallo-verde. Un gruppo di studenti ha perfino calato – sul ponte Sublicio – un manichino con la maglietta verde e l’immagine di Salvini con un cappio al collo.

E non è la prima volta che accade. Già ad aprile, per esempio, a Pavia apparve un cartellone con la testa di Salvini tagliata e impiccata a testa in giù. Provocazioni che ieri sono arrivati al loro apice quando gli studenti di Milano e Roma hanno gridato “Uccidere Salvini non è reato”, non prima però di aver bruciato le bandiere della Lega e impiccato un fantoccio del leghista.

Siamo ormai oltre gli insulti: siamo alle minacce vere e proprie, e per nulla velate. Minacce che devono preoccupare, perché fu così che gli italiani, negli anni Settanta, conobbero l’epopea del terrorismo rosso con i comunisti in cerca di fascisti da eliminare a colpi di pistola e di mitra. Il clima è identico, la premesse sono uguali.

Premesse che vedono la Lega bersaglio principale di azioni dimostrative virulente. Basti pensare che a giugno, in tre giorni, furono piazzati due ordigni di fronte alle sedi del Carroccio a Treviso mentre a ottobre, in Trentino, gli anarchici lasciarono una bomba in occasione dell’arrivo di Salvini. Azioni intimidatorie che travalicano la legittima protesta.

Dal canto suo, però, Salvini non si è lasciato intimorire e ha condiviso dei video sulle manifestazioni in corso. Questo il suo commento: “Salvini vaffanculo”. Uccidere Salvini non è reato. E poi sarei io che semino odio?”. Una domanda che è inutile fare quando il sonno della ragione comincia a generare dei pericolosi mostri.

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