Quello che era un (timido) dubbio ora è diventato certezza: è stato l’Isis a piazzare la bomba che ha fatto esplodere l’aereo russo sul Sinai, lo scorso 31 ottobre, causando la morte di 224 tra passeggeri ed equipaggio di bordo. A rivelarlo è Dabiq, il magazine online (sì, l’Isis ha anche un magazine online…) dello Stato Islamico, che ha pubblicato la foto della lattina ammaccata di Schweppes Gold all’interno della quale è stata posta la bomba che ha fatto esplodere l’aereo a pochi minuti dal suo decollo.
Le parole del califfo Abu Bakr al-Baghdadi, dunque, sono state veritiere: il califfo aveva già rivendicato l’attentato, affermando di rendere noto al momento debito le modalità di come esso sia stato realizzato. E la notizia è arrivata oggi, con la pubblicazione online dell’ultimo numero di Rabiq, magazine in lingua inglese che è utilizzato dall’Isis per ‘raccontarsi’ al mondo occidentale.
Già la copertina di questo numero è agghiacciante: si può vedere i vigili del fuoco impegnati nel soccorso di alcuni dei feriti degli attentati di Parigi con, in primo piano, un cadavere coperto da un telo bianco, sporco di sangue. “Just Terror” è il titolo del giornale, che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni.
Come si spiega al suo interno, l’attentato del Sinai è stato progettato all’ultimo momento: “all’inizio avevamo pensato di abbattere un aereo occidentale, ma poi abbiamo cambiato obiettivo quando la Russia ha iniziato gli attacchi in Siria“. In ‘allegato’, anche le foto dei passaporti dei passeggeri russi morti nello schianto, affermando che tali foto sono state scattate direttamente dai mujaheddin, mettendo così in ridicolo gli investigatori egiziani e russi.
Posta sotto il sedile di un passeggero, vicino alla coda dell’aereo, la lattina è la dimostrazione di come i terroristi dell’Isis siano riusciti a trovare una falla nella sicurezza dell’aeroporto di Sharm el-Sheik. Secca la risposta del ministro degli Esteri Sergei Lavrov, che afferma: “il nostro diritto all’autodifesa sarà esercitato con tutti i mezzi disponibili: politici, militari e sulla linea dei servizi speciali”.