L’ultimo allarme in ordine di tempo sul futuro previdenziale dei giovani arriva dai consulenti del Lavoro. In un recente report, i professionisti del settore evidenziano il calo delle ore lavorate nel decennio 2008-2018 e mettono in guardia contro le conseguenze per i futuri assegni dei giovani. La tenuta del sistema si paga infatti già oggi con la chimera dell’accesso all’Inps per chi si trova in età avanzata e si pagherà domani con assegni sempre più bassi e talvolta insufficienti rispetto alle necessità di vita più basiche.
Con l’ultimo tavolo di confronto tra governo e sindacati tenutosi presso il ministero del Lavoro, si tenterà di disinnescare perlomeno i rischi più gravi per i lavoratori che hanno iniziato a versare dal primo gennaio del 1996, risultando inseriti nel sistema contributivo puro. Un meccanismo che punta a restituire semplicemente i contributi versati divisi per gli anni di aspettativa di vita, restando al momento senza alcun tipo di salvaguardia rispetto all’importo effettivamente erogato.
Le richieste dei sindacati e le ipotesi circolate di recente riguardano un possibile minimo fissato a 780 euro al mese, ovvero la soglia garantita per il reddito e la pensione di cittadinanza. Quest’ultima entra però in funzione solo in presenza di determinate soglie ISEE, un parametro che non dovrebbe essere implementato all’interno della pensione di garanzia.
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Tra le ipotesi allo studio vi sarebbe quindi l’idea di garantire un importo minimo al crescere della contribuzione, premiando in questo modo i lavoratori che hanno lavorato un numero maggiore di anni. Allo stesso tempo, si metterebbero però in funzione dei meccanismi pensati per coloro che hanno avuto carriere lavorative più sfortunate.
In questo senso, l’Inps potrebbe garantire una contribuzione figurativa per periodi che attualmente non risultano già coperti. Si pensi ad esempio alla formazione svolta al di fuori degli anni già coperti da contributi, o ai periodi di disoccupazione che al non rientrano nella Naspi, oppure al riconoscimento del lavoro di cura. Nella pratica, si tratterebbe di un mix di provvedimenti pensati per sostenere chi ha avuto una carriera caratterizzata da bassi salari e rischia così di essere penalizzato anche quando avverrà l’erogazione dell’assegno.