Reggio Emilia: gli levano i figli con l’inganno per darli a una coppia gay

L'uomo è uno delle vittime del sistema degli orrori scoperto dalla polizia nella città emiliana. "Mi dissero che io ero omofobo. E che dovevo cominciare ad abituarmi alle relazioni di genere".

Reggio Emilia: gli levano i figli con l’inganno per darli a una coppia gay

Si scoprono nuovi retroscena sullo scandalo di Reggio Emilia, che ha portato gli inquirenti a scoprire un sistema degli orrori gestito dai servizi sociali, con bambini che venivano sottoposti a lavaggi del cervello e a torture, spesso con l’uso di scosse elettrice per alterare il loro stato di memoria, così da levarli con l’inganno alle famiglie naturali e assegnarli ad altre famiglie in cambio di denaro.

Uno di questi riguarda Michele (nome inventato) che, nel 2017, si vede strappare i figli dai servizi sociali e affidarli a una coppia gay, ovvero alla moglie e alla sua compagna. Il caso inzia dopo che la donna aveva denunciato il marito per maltrattamenti (caso poi archiviato dal Tribunale di Reggio Emilia), attirando l’attenzione e il monitoraggio da parte dei servizi sociali truffaldini.

L’uomo, infatti, racconta: “Venivano a controllare in continuazione. Mi contestavano che la casa non fosse idonea a far vivere i miei figli. Mi hanno detto che la camera dei bambini era troppo pulita, quasi che loro non avessero mai dormito in quella stanza. I giocattoli erano riposti nell’armadio e anche questo a loro non tornava. Cercavano sempre delle scuse, a volte banali”.

Per avvalorare la finta denuncia della donna, gli assistenti sociali arrivavano addirittura a stilare lunghe relazioni che non corrispondevano alla realtà, ma che erano utili per levare i figli all’uomo e assegnarli alla moglie che, dopo essere andata via di casa, viveva con la sua nuova compagna. Le relazioni avevano un solo fine: dipingere l’uomo come l’orco cattivo che faceva del male ai figli.

La farsa va avanti fino a quando Michele non scopre dei dettagli agghiaccianti: nelle relazioni dei servizi sociali, i bambini venivano dipinti come ragazzi traumatizzati che parlavano del padre come di un essere cattivo, arrivando anche a insultarlo. Lì, l’uomo capisce che c’è qualcosa di strano. Perché avrebbero dovuto scrivere una cosa per un’altra? A che scopo?

L’uomo decide allora di incontrare gli assistenti sociali. In quella occasione, Federica Anghinolfi, una delle registe dell’orrore, finita agli arresti domiciliari, gli comunica che non potrà più vedere i suoi figli se non “in forma protetta una volta ogni 21 giorni.” La motivazione? “Lei è omofobo!”, gli spiega Anghinolfi, responsabile dei servizi sociali, e attivista Lgbt.

In altre parole, la Anghinolfi, in combutta con la moglie dell’uomo, da cui riceveva denaro, aveva architettato una vera e propria truffa per privare l’uomo della patria podestà e favorire l’assegnazione dei bambini alla donna. In un sistema del malaffare che ha sconvolto anche il giudice per le indagini preliminari che ha firmato gli ordini di arresto.

I bambini adesso sono stati affidati di nuovo al padre. Ma il danno sembra ormai essere fatto. Uno dei bambini, il più piccolo, da allora soffre infatti di problemi psichici. “Ha degli atteggiamenti preoccupanti – dice l’uomo – Afferma spesso che non sa che farsene della sua vita, che vuole morire”. Pensieri che non fanno parte di un ragazzino, se non traumatizzato da adulti privi di scrupoli.

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