Caso Stefano Cucchi, dopo 10 anni la verità in aula: parla il super testimone che ha assistito al pestaggio

Dopo 10 anni dalla tragica morte di Stefano Cucchi, il super testimone che ha assistito al pestaggio del ragazzo parla in aula: "calci in faccia a Stefano".

Caso Stefano Cucchi, dopo 10 anni la verità in aula: parla il super testimone che ha assistito al pestaggio

Dopo 10 anni dalla tragica morte di Stefano Cucchi, avvenuta mentre si trovava in custodia cautelare, davanti alla Corte d’assise di Roma racconta la verità il supertestimone presente al momento del pestaggio del ragazzo. Francesco Tedesco ha descritto le violenze compiute sul giovane, affidando l’intera responsabilità ai colleghi Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo in processo con lui con l’accusa di omicidio preterintenzionale.

Secondo quanto affermato da Tedesco, il pestaggio di Stefano Cucchi sarebbe avvenuto la notte del suo arresto, il 15 ottobre del 2009, a causa di un diverbio nato per il rifiuto di Cucchi di farsi prendere le impronte digitali. I colleghi D’Alessandro e Di Bernardo, avrebbero così iniziato a colpire il giovane con calci in faccia, fino a spingerlo a terra dove ha sbattuto la testa, per poi continuare a colpirlo in diverse parti del corpo. Tedesco in tutto ciò avrebbe tentato di fermare i colleghi.

La confessione

Chiedo scusa alla famiglia Cucchi e agli agenti della polizia penitenziaria. Per me questi anni sono stati un muro insormontabile“, così ha inizio la confessione di Francesco Tedesco, il super testimone che era presente al momento del pestaggio di Stefano nella notte del 15 ottobre 2009, che ha poi portato la morte del ragazzo il 22 ottobre successivo.

Un racconto dettagliato quello di Tedesco, che vuole dare l’intera responsabilità della morte di Cucchi hai due colleghi che erano presenti con lui quella sera. Secondo quanto affermato dal Carabiniere infatti, Stefano si era rifiutato di farsi prendere le impronte digitali e per questo è iniziato un diverbio tra lui e i due militari Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo. Quest’ultimo avrebbe prima colpito con uno schiaffo il volto di Cucchi, mentre D’Alessandro lo ha colpito con un calcio “all’altezza dell’ano”. Mentre Tedesco ha provato a fermare i colleghi, Di Bernardo ha spinto violentemente il giovane che è caduto a terra sbattendo la testa, per poi colpirlo ancora con un calcio. All’epoca dei fatti Tedesco ha redatto ben due annotazioni sull’aggressione avvenuta, per poi scoprire in un secondo momento che erano state cancellate.

Da quel momento è iniziata la tortura di Tedesco, che si è visto da solo contro l’Arma, mentre i colleghi fingevano non fosse successo nulla e che anzi, trattavano anche lui come se non esistesse. Insieme alla sua dichirazione contro i colleghi D’Alessandro e Di Bernardo, il super testimone punta il dito anche contro quello che all’epoca era il comandante della caserma Appia, Roberto Mandolini, anche lui indagato per calunnia per aver coperto quanto avvenuto a Stefano Cucchi quella sera. Tedesco ha infatti affermato di aver ricevuto delle minacce non dirette da parte di Mandolini, che ripetute volte gli avrebbe detto di tacere sull’accaduto se voleva continuare ad essere un Carabiniere.

Ho letto che il pestaggio e la caduta avevano determinato la morte di Cucchi, ho riflettuto e non sono riuscito più a tenere dentro questo peso“, questo è quanto è stato detto dal super testimone.

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