Stefano Cucchi, dopo otto anni una piccola rivincita

Ad otto anni dalla morte, il pm accusa tre carabinieri di omicidio preterintenzionale. Finalmente, la famiglia vede riconosciuto quanto accanitamente sostenuto in questi anni. Stefano è stato assassinato in caserma.

Stefano Cucchi, dopo otto anni una piccola rivincita

Non è morto “di fame e sete”, non è morto “per cause ignote alla scienza medica”, né di epilessia. E’ stato un omicidio. Dopo ben quattro processi si dirada la nebbia su una violenza gratuita avvenuta la notte tra il 15 ed il 16 ottobre 2009.

Nel buio della periferia romana, fermano Cucchi mentre spaccia fumo. In realtà gli trovano addosso una ventina di grammi di hashish, due dosi di coca nascoste nel fondo delle tasche e due pastiglie di ecstasy, scoperte poi essere pastiglie per la cura dell’epilessia. Tutto questo basta per scatenare la violenza.

Un uomo – un ragazzo anzi – entrato in caserma vivo, sotto la custodia di uomini dello Stato, ed uscito cadavere. La famiglia ha sempre parlato di omicidio ed ha lottato da subito contro tutti e tutto per ottenere giustizia.

Tra omissioni, atti falsificati, tentativi di depistaggio, quella di Stefano era stata, sino ad oggi, una morte senza responsabili. Ma finalmente oggi, nel processo-bis, un cambio del capo d’imputazione che aggrava la posizione dei carabinieri, porta ad ammettere che Stefano è stato pestato con violenza.

E’ morto “di carcere” e “di prevaricazione”, con la faccia gonfia e la schiena rotta, abbandonato nell’indifferenza anche dei medici. E’ omicidio preterintenzionale.

Conclusione di una vicenda squallida attesa per anni di fronte alla quale il legale della famiglia Cucchi non nasconde emozione e soddisfazione. Ilaria, la tenace sorella di Stefano, ha detto che finalmente si parlerà della verità. Non un processo a Stefano ma un processo per omicidio.

Le imputazioni rispecchiano finalmente la realtà e non è vero che l’attacco all’arma è sotto gli occhi di tutti, come ha scritto sulla sua pagina facebook uno degli indagati. Questa sentenza apre le porte ad un nuovo processo in cui, oltre a dare giustizia a Stefano, si vuole dare un messaggio forte che riporti la gente ad avere fiducia in uno stato di diritto.

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