Facebook, lasciatasi alle spalle le novità in merito alle realtà locali, ed alla sicurezza della propria blockchain, modificato il suo messaggio di welcome tra non poche diffidenze, ha annunciato una serie di iniziative, sia per la trasparenza delle inserzioni politiche, che per la regolamentazione dei social, senza dimenticare una primizia creativa in tandem con Spotify.
Era lo scorso anno quando Facebook annunciò un’iniziativa simile a proposito di Instagram, con Spotify che poteva condividere sino a 15 secondi delle proprie canzoni nelle Storie della photo-app, in modo da offrire a queste ultime un corredo sonoro attuale, che le rendesse più coinvolgenti e, nel contempo, portasse più traffico verso la piattaforma di streaming svedese. Forti dei buoni risultati ottenuti, Menlo Park hanno rinnovato l’accordo coinvolgendo, questa volta, direttamente la piattaforma social, nella fattispecie delle sue Storie, alle quali sarà possibile fornire un corredo musicale di massimo 15 secondi, traendo spunto dall’immenso bouquet della grande S: per avvalersi della novità, giù attiva, basterà – dall’interno di Spotify – tippare Condividi in corrispondenza di una canzone e scegliere Facebook, cimentandosi nella creazione di una Storia, ovviamente personalizzabile.
L’utente che si troverà a fruire della Storia, vi troverà anche un collegamento, grazie al quale, se interessato, verrà portato all’interno dell’applicazione musicale, per ascoltare una versione completa e intera della traccia desiderata.
In vista delle elezioni politiche del 2020, invece, arriva una serie di misure volte a prevenirne i condizionamenti, aggiuntive rispetto a quelle dello scorso anno. Ora, gli inserzionisti, se non vogliono che i loro annunci vengano messo in stand-by, dovranno fornire maggiori informazioni sulle loro organizzazioni: grazie a 3 delle 5 opzioni disponibili, potranno dichiarare di appartenere ad organizzazioni registrate presso il governo americano, fornendone l’identificativo fiscale, il numero di telefono, l’indirizzo fisico, quello email, quello del dominio terminante con .mil o .gov. In più, sempre gli inserzionisti saranno tenuti a pubblicare un disclaimer “pagato da” col quale renderanno noto chi abbia pagato per mostrare una tale inserzione, con le questioni sociali previste che ora, quanto ad aree tematiche, passano da 20 a 10 macro-categorie.
In seguito allo scandalo Cambridge Analytica, nel Marzo scorso, Zuckerberg invitò i governi nazionali a varare una qualche regolamentazione sui social, finendo con l’essere ascoltato proprio in questi giorni. Venerdì scorso, infatti, il giovane CEO si è incontrato a Parigi con il presidente francese Macron e il ministro per gli affari digitali, Mounir Mahjoubi, che gli hanno illustrato l’intenzione di varare una policy continentale sulle piattaforme sociali, all’insegna di una maggior trasparenza sul modo in cui queste ultime moderano e prioritizzano i contenuti pubblicati dagli utenti, con varie autorità nazionali, dei veri e propri “garanti”, chiamati a far rispettare tale principio.