Facebook: pressioni su Trump per bannare TikTok, piano d’emergenza presidenziali USA, accordo col fisco francese

Secondo alcuni media d'informazione, Facebook, pronta a tamponare eventuali fake news sulle prossime presidenziali USA, avrebbe esercitato pressioni su Trump per bannare TikTok. Nel contempo, il social avrebbe accettato un accordo oneroso col fisco francese.

Facebook: pressioni su Trump per bannare TikTok, piano d’emergenza presidenziali USA, accordo col fisco francese

Facebook, la nota holding controllata e diretta da Mark Zuckerberg, a quanto pare costretta ad addivenire a più miti consigli con le autorità fiscali francesi, è finita al centro di alcuni rumors, relativi a eventuali pressioni su Trump per bannare TikTok, e in merito ad un piano d’emergenza per tamponare le interferenze comunicative di Trump in seguito alle prossime presidenziali. 

La prima novità Facebookiana di quest’avvio di settimana riguarda i provvedimenti presi dall’amministrazione Trump nei riguardi di TikTok, con conseguente beneficio per Instagram che, nello stesso periodo, ha lanciato una funzione similare all’antagonista cinese, rappresentata dai Reels. Secondo quanto rendiconta il Wall Street Journal, già in passato foriero di scoop su Menlo Park, sembra che – verso la fine dello scorso Ottobre – Zuckerberg si sia intrattenuto in una cena privata con Donald Trump, attuale inquilino della Casa Bianca, per prospettargli i timori contro le crescenti imprese internet cinesi, ribadendo il tutto all’audizione di fine Luglio, davanti ad alcuni senatori, in occasione della quale si precisò come TikTok fosse un attacco alla supremazia digitale degli USA, con la casa madre, ByteDance, per altro non proprio in prima linea sul fronte della libertà d’espressione. 

Ai primi di Agosto, poi, in base a un elenco stilato dal Segretario al Commercio, Trump ha varato un ordine esecutivo (contro cui il colosso cinese sarebbe pronto a fare ricorso legale) in cui veniva precisato che, entro 45 giorni, sarebbero state coinvolte tutte le partecipazioni di ByteDance, impedendo loro di fare affari sul suolo americano. A metà del mese corrente, poi, quanto è trapelato che Microsoft volesse comprare le attività USA di TikTok, Trump ha ufficializzato un nuovo provvedimento in cui dà a ByteDance 90 giorni per disfarsi di tali attività, aprendo in pratica un’asta a cui stanno partecipando, oltre al gruppo di Redmond, anche Twitter, Oracle, e Google. 

In attesa di ottenere un riscontro concreto al report pubblicato domenica dal WSJ, un nuovo rumor vorrebbe Facebook impegnata nell’allestire, con riunioni quotidiane, un piano d’emergenza per scongiurare il pericolo che Trump non eccetti l’esito, eventualmente sfavorevole, delle prossime presidenziali novembrine: nello specifico, sembra che il team di Zuckerberg stia elaborando delle contro-argomentazioni a seconda di ogni mossa dell’attuale presidente USA (es. nel caso non accetti l’esito delle elezioni, proclamandosi comunque vincitore, o paventi la scomparsa di alcune schede inviate via posta o le ingerenze con le votazioni operate da alcuni gruppi). Addirittura, sembrerebbe che, tra le opzioni in campo, si stia vagliando financo la sospensione delle inserzioni politiche che, abitualmente esulate dai canonici fact checking, risulterebbero il viatico ideale alla temuta disinformazione politica di Trump.

Infine, sembra che almeno con le autorità francesi sia destinato a tornare il sereno, per quel che riguarda Facebook. Un articolo pubblicato da Capital, importante rivista economica francese, ha anticipato che la divisione transalpina della holding, nel 2012 soggetta a un’ispezione da parte del fisco di Parigi, avrebbe stilato un accordo con quest’ultimo, sostanziato nel pagamento di 100 milioni di dollari, per sanare il vulnus del non aver dichiarato gli introiti fatturati in Francia dal 2009 al 2018. Ovviamente, da Facebook è giunta una generica dichiarazione di collaborazione e buona fede, con un portavoce che si è limitato ad aggiungere: “Prendiamo sul serio i nostri obblighi fiscali, paghiamo le tasse che dobbiamo in tutti i mercati in cui operiamo e lavoriamo a stretto contatto con le amministrazioni fiscali di tutto il mondo per garantire la conformità“.

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