Facebook, la principale realtà social al mondo, comprensiva anche di servizi specifici come Marketplace per la compravendita di oggetti usati, o Watch per i contenuti video e televisivi, si avvia verso il fine settimana gravata da un carico impressionante di problemi, tanto con le istituzioni quanto con i suoi utenti, a proposito degli inefficienti controlli sui contenuti pubblicati, delle notizie locali che non decollano, delle pubblicità discriminanti, e della privacy ancora una volta messa a repentaglio (a causa di un bug).
Nonostante sia trascorsa quasi una settimana dalla strage suprematista consumatasi in nuova Zelanda, le polemiche per la sua trasmissione tramite i servizi live di Facebook non accennano a placarsi, tanto che – sulla vicenda – ha dovuto esprimersi anche il numero due del social, il vicepresidente Chris Sonderby.
Ancora polemiche per il video della strage
Con un post nel Newsroom di Facebook, l’executive ha spiegato come mai il video non sia stato rimosso immediatamente, motivando la cosa con il ritardo con cui è arrivata la prima segnalazione dello stesso (12 minuti dopo la fine della trasmissione, 29 dall’inizio dello stream). Il video, poi, ha continuato a diffondersi perché, salvato su uno storage online, è stato condiviso anche sul forum “alternativo” 8chan, già usato dal killer per pre-annunciare la strage: in compenso, per evitare che una cosa simile possa accadere sul social, il social lavorerà ad algoritmi di riconoscimento predittivo dei video che, analizzati i minuti iniziali e la traccia audio degli stessi, ne stopperanno sul nascere ogni tentativo di ricondivisione virale.
Poche notizie locali
Anche per il progetto di informazione locale “Today In”, lanciato sperimentalmente negli USA nel Gennaio del 2018, le cose non vanno molto meglio. La piattaforma stessa, tramite il portale dedicato all’iniziativa, ha spiegato come quest’ultima non sia riuscita nemmeno a partire in alcune zone degli States (dove abiterebbe un terzo degli utenti americani della piattaforma) visto che, in esse, il numero di notizie locali era troppo esiguo: per fare un esempio, in diverse aree del New Jersey, in 28 giorni di monitoraggio, non si sarebbe riusciti a trovare più di 5 notizie locali da trattare.
Le pubblicità mirate saranno meno personalizzate
Intanto, dal Daily Mail giunge notizia di una di una pratica controversa, quella delle pubblicità discriminanti, cui Facebook ha posto la parola fine. Tempo fa, diverse associazioni no-profit, tra cui la Communications Workers of America e la Fair Housing Alliance, accusarono il social di aver consentito pubblicità che discriminavano alcune categorie di utenti (anziani, donne, afroamericani), o che prevedevano criteri stigmatizzanti, quali la precisazione dell’orientamento sessuale e la provenienza geografica. Il social, per tutta risposta, ha annunciato che le pubblicità mirate (in settori quali la ricerca di prestiti, lavoro, e abitazioni) saranno meno personalizzate, visto che non comprenderanno più canoni quali il codice postale, il genere, e l’età anagrafica. In più, la direttrice operativa Sheryl Sandberg, nell’aggiungere che rimane da fare ancora molto per preservare gli utenti dalle discriminazioni, ha reso noto che, per favorire la chiusura delle 5 denunce che pendono sull’azienda, in seguito ad accordi privati tra le parti, verranno versati circa 5 milioni di dollari.
In chiaro le password di milioni di utenti
Infine, oltre al mutamento delle politiche pubblicitarie di Facebook, anche l’ennesimo scandalo sulla privacy è destinato a far discutere nei prossimi giorni. L’azienda di Menlo Park, infatti, ha confermato quanto scoperto dal giornalista Brian Krebs, e cioè che, nel corso di un controllo di routine effettuato lo scorso Gennaio, era stata scoperta un bug (subito risolto), in base al quale le password di circa 600 milioni di utenti (anche di Instagram, sebbene la maggior parte provenisse da Facebook Lite e da Facebook) erano state memorizzate, sui server, senza essere preventivamente criptate, come da prassi, e sostituite con corrispondenti univoci formati da set di caratteri casuali. Il risultato è che migliaia di dipendenti del social potrebbero aver visionato le password in chiaro, anche se non vi è certezza che le stesse siano circolate anche all’esterno: in ogni caso, Facebook sta contattando gli utenti coinvolti per consigliare loro di cambiare la password sul social e su Instagram, scegliendone – per ogni servizio – di complesse, magari facendole gestire da speciali casseforti software, e blindandole con l’autenticazione a due fattori.