Instagram: down a ripetizione, problemi con l’antitrust e la censura (delle pubblicità e dei meme)

Continuano le segnalazioni di down relativi a malfunzionamenti per Instagram che, nel frattempo, è sotto indagine dell'antitrust americana, e criticata per alcuni repulisti poco ortodossi, in tema di meme e pubblicità destinate alle donne.

Instagram: down a ripetizione, problemi con l’antitrust e la censura (delle pubblicità e dei meme)

Inizio di Agosto come peggio non poteva esservi per Instagram che, in attesa del parziale rebranding del suo nome, è risultata afflitta da down a catena nei giorni scorsi: a ciò, si sono aggiunte – nel mentre venivano curiosamente rimosse delle pagine comprensivi di meme – problematiche con l’antitrust americano e, per giunta, con alcuni produttori di sexy toys. 

Il primo down agostano, per Instagram, è stato riscontrato dalle 19 del 1° Agosto, quando diverse persone, secondo quanto segnalato su Twitter (via hashtag #InstagramDown) e su Down Right Now, forse per un problema nella connessione ai server della piattaforma, non riuscivano a connettervisi, ed a postare dei contenuti. 

Risolto il precedente problema, durato circa una mezz’oretta, verso le ore 2 del giorno successivo, altre segnalazioni sono giunte, sempre a proposito di un down che, nella fattispecie, impediva, a chi ne fosse fuori, di riconnettersi alla piattaforma, con conseguente impossibilità a postare contenuti e commenti, o ad apporre like. In quest’occasione, non sono mancate le proposte di soluzioni fai-fa-te, come il cancellare la cache dell’app, il disinstallarla per ricaricarla aggiornata, ed il connettersi dietro traffico dati. Non meno grave, poi, si è rivelato il down accorso domenica, quando in India erano le ore 19 (in Italia le 14.30), con un picco di segnalazioni, avvenuto sempre mediante Twitter, che si è avuto intorno alle ore 20, quando diversi iscritti al photo-sharing (in Asia, ma anche in Canada e negli States) hanno rivelato di non essere in grado di aggiornare il proprio NewsFeed, proprio nelle ore cruciali in cui avvenivano le stragi in Texas ed Ohio.

Di recente, Facebook è stata costretta al pagamento di una multa di 5 miliardi di dollari, quale patteggiamento per chiudere il caso Cambridge Analytica: ebbene, tale sanzione potrebbe non rimanere la sola, se la Federal Trade Commission dovesse concludere a sfavore di Zuckerberg le già anticipate indagini in tema antitrust, focalizzate sulle circa 90 acquisizioni fatte da Menlo Park negli ultimi 15 anni.

Nello specifico, le indagini mireranno a capire se alcune di queste acquisizioni, ad esempio di Instagram e WhatsApp, magari dopo lo spionaggio compiuto con la VPN Onavo mobile (sempre comprata da Facebook), siano avvenute – posto che tali realtà all’epoca erano ancora solo emergenti – per scongiurare il pericolo di una concorrenza che mettesse a repentaglio la posizione di primato del social stesso. Nell’eventualità di un verdetto di colpevolezza, Facebook potrebbe essere costretto anche a dismettere alcune acquisizioni, o soggetta ad un uso limitato delle stesse (con conseguente stop alla convergenza tra le social app del gruppo). Inutile dire che da Facebook è già arrivata una risposta, allorché – in udienza al Senato lo scorso 16 Luglio – l’avvocato Matt Perault, responsabile per lo sviluppo della policy globale del social, ebbe a dire che tali acquisizioni hanno donato a queste app delle capacità di sviluppo che, da sole, non avrebbero mai avuto. 

Ancora senza una risposta ufficiale, invece, è il caso del repulisti effettuato da Instagram, tra il 25 ed il 26 Luglio quando, in piena notte, e senza avvisaglia alcuna, sono state cancellate migliaia di pagine, molto seguite quanto a follower, dedicate alla condivisione dei meme: le indiscrezioni in merito puntano tutte sulla presunta violazione delle policy d’uso, benché nessun ammonimento preventivo sia giunto ai detentori delle stesse i cui seguaci, inutile dirlo, sono piuttosto indispettiti. 

Dulcis in fundo, una polemica curiosa che ha investito Instagram, ma anche Facebook, relativa ai toys per adulti. Secondo il quotidiano digitale Deccan Chronicle, alcuni brand, come Dame e Unbound, focalizzati su soluzioni per il benessere sotto le lenzuola del gentil sesso, avrebbero lamentato (con tanto di manifestazione davanti alla sede newyorkese del gruppo) una discriminazione da parte di Menlo Park, che avrebbe autorizzato pubblicità relative a progetti per l’intrattenimento degli uomini, bollando quelle per le donne, senza apparente motivo. 

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