La "capitana" della Sea Watch pronta a forzare il blocco del Viminale

La sfida di Carola Rackete all'Italia: "A costo di perdere la nave, faccio sbarcare questi migranti a Lampedusa". In tal caso, rischia l'arresto per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, una multa salatissima, e il sequestro dell'imbarcazione

La "capitana" della Sea Watch pronta a forzare il blocco del Viminale

Carola Rackete, la capitana della Sea Watch, è determinata: pensa di forzare il blocco imposto dal Viminale che vieta alle Ong di oltrepassare le acque territoriali italiane. La donna sta aspettando la decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Poi è pronta a entrare a Lampedusa con la forza, consapevole del fatto che sarà arrestata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

La Rackete, infatti, in caso di sbarco forzato a Lampedusa, potrebbe seguire la sorte dell’ex capitana della Sea Watch Pia Klemp che, su consiglio dei suoi avvocati, è rientrata precipitosamente in Germania dopo aver saputo che le autorità italiane hanno intercettato ponte radio e telefoni satellitari, e adesso rischia 20 anni di galera per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

“Ma io sono responsabile delle 42 persone che ho recuperato in mare e che non ce la fanno più. Quanti altri soprusi devono sopportare? La loro vita viene prima di qualsiasi gioco politico o incriminazione. Non bisognava arrivare a questo punto”, afferma la capitana coraggiosa che, in tredici giorni di mare, avrebbe potuto tranquillamente raggiungere il porto di Amsterdam.

La nave olandese della Ong tedesca è infatti ferma davanti alle coste italiane. E da lì non vuole sapere di andarsene.I migranti dovranno venire solo in Italia, aveva affermato la responsabile della nave che, per la terza volta, sfida il governo italiano, in un braccio di ferro che sta assumendo il volto della provocazione politica più che dell’operazione umanitaria.

“I migranti sono disperati – dice la Rackete – Qualcuno minaccia lo sciopero della fame, altri dicono di volersi buttare in mare o tagliarsi la pelle. Non ce la fanno più, si sentono in prigione. L’Italia mi costringe a tenerli ammassati sul ponte, con appena tre metri quadrati di spazio a testa. Chiediamo il vostro aiuto, chiediamo l’aiuto delle persone a terra. Pensateci perché qui non è facile”.

Le parole di Rackete non sono state rivolte però a Malta, che pure aveva negato l’autorizzazione a sbarcare. Così come non sono state rivolte all’Olanda, che nemmeno risponde all’invito di Salvini di far approdare nei suoi porti una nave che batte bandiera olandese. L’ipotesi Tunisia era stata scartata dalla capitana del vascello che adesso punta a fare irruzione in un Paese ormai a sovranità limitata.

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