Aboubakar Soumahoro: "Se fossi Salvini? Pacchia finita per i lumbard"

Aboubakar Soumahoro è il sindacalista (dell’Usb) ivoriano naturalizzato italiano che lavora in favore dei braccianti agricoli. Intervistato da "il Fatto Quotidiano" attacca Lega e Salvini: "C'è un aerosol collettivo che sprigiona particelle di razzismo".

Aboubakar Soumahoro: "Se fossi Salvini? Pacchia finita per i lumbard"

Aboubakar Soumahoro, italo-ivoriano dell’Unione sindacale di base 3, in Italia da più di vent’anni, intervistato da “il Fatto Quotidiano“, se la prende (di nuovo, dopo l’attacco di 2 anni fa) con il capo della Lega, Matteo Salvini, pronunciando una frase sibillina: “Se fossi il Salvini nero la pacchia finirebbe: ma per i cari lumbard, ha dichiarato l’uomo in una conversazione con il giornalista Antonello Caporale.

Soumahoro era già stato protagonista di un faccia a faccia televisivo con il segretario del Carroccio durante la trasmissione di Lucia Annunziata, Mezz’ora in più. In quell’occasione Soumahoro, che si era dichiarato favorevole alla sanatoria per regolarizzare i clandestini, aveva invitato Salvini ad andare a lavorare nei campi insieme a lui e a tanti altri braccianti agricoli, così da rendersi contro delle condizioni in cui operano.

Durante l’intervista sul Fatto, non sono mancate le frecciate ironiche: il sindacalista ha fatto osservare che se la politica di Salvini del “prima gli italiani” fosse corretta, allora dovremmo dire anche prima i padani e poi i meridionali, prima i lombardi e poi i campani, prima i piemontesi e poi i pugliesi, prima i veneti e poi i siciliani, dimostrando di aver compreso qual è il clima che si respira in Italia dai tempi di Bossi.

Una politica che secondo Soumahoro sarebbe suicida perché disintegrerebbe la nazione rendendola più debole in un periodo di globalizzazione che non risparmia le grandi potenze, figuriamoci quelle piccole realtà frazionate come ai tempi preunitari. “Torino senza meridionali è come una farfalla senza ali – dice l’attivista – significa condurla alla morte.

A un certo punto dell’intervista, Soumahoro mette da parte l’ironia e va all’attacco, invocando i porti aperti e professando l’accoglienza, sostenendo che la politica delle separazioni e delle ghettizzazioni è una politica capace solo di portare a un mondo invivibile e per nulla sicuro, dato che procurerebbe conflitti che non gioverebbero proprio a nessuno. Né agli italiani né agli stranieri.

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