Chiamata a decidere su un caso di possesso di stupefacenti ai fini di spaccio, il Giudice Francesca Preziosi del Tribunale di Macerata si è trovata dinanzi ad una situazione incredibile: gli imputati – originari di Napoli – hanno infatti richiesto l’interruzione dell’udienza, dichiarando di non capire la lingua italiana. Il Magistrato si è vista quindi costretta a rimandare l’udienza e a nominare un interprete.
L’interprete scelto attraverso decreto di citazione perito è l’avvocato Andrea Di Buono, originario di Napoli.
Il legale ha ricoperto a titolo gratuito il delicato ruolo durante il processo.
La nomina di un interprete è una circostanza, a dire il vero, abbastanza comune nei tribunali italiani, ma solitamente ciò avviene solo quando i soggetti in questione sono di un’altra nazionalità. In questo caso a richiedere l’interprete sono dei cittadini italiani a tutti gli effetti, una cosa abbastanza surreale.
Casi del genere si contano sul palmo di una mano, ma ciò non toglie che il diritto all’interprete e alla traduzione degli atti processuali sono sacrosanti nel nostro ordinamento.
Per legge, la nomina di un traduttore è obbligatoria anche qualora il giudice, il pubblico ministero o l’ufficiale di polizia giudiziaria abbia conoscenza della lingua o del dialetto da interpretare, onde evitare abusi.