Nella giornata di martedì un enorme incendio ha avvolto la vecchia Borsa di Copenaghen, uno dei monumenti più famosi della capitale danese. Le fiamme hanno provocato il crollo della guglia, mentre sia il personale che i comuni cittadini si sono affrettati a cercare di salvare dalle fiamme dipinti e manufatti storici presenti all’interno della struttura.
“Non riesco a descrivere quanto siamo sconvolti io e i miei colleghi“, ha detto Brian Mikkelsen, amministratore delegato della Camera di commercio danese, l’ente che possiede l’edificio del XVII secolo nel quale ha anche alcuni uffici. “È un disastro enorme, perché sono 400 anni di storia culturale che sono in fiamme“. Il vice primo ministro danese Troels Lund Poulsen ha definito l’incendio di Copenaghen come “il nostro Notre Dame”, riferendosi all’incendio che distrusse il tetto e la guglia della cattedrale di Parigi circa cinque anni fa.
L’edificio storico, costruito nel 1625, è una delle strutture più antiche di Copenaghen. Le fiamme hanno causato il crollo della caratteristica guglia dell’edificio, alta 56 metri e dalla forma di code di quattro draghi intrecciate. I servizi di emergenza hanno rivelato che la maggior parte dell’edificio è stata danneggiata, con i danni più pesanti nella zona attorno alla torre.
Alcuni passanti si sono uniti ai servizi di emergenza per correre all’interno dell’edificio in fiamme e aiutare a trasportare grandi dipinti rinascimentali e altri oggetti al salvo dalle fiamme. Tra i dipinti salvati c’era l’opera del 1895 dell’artista danese Peder Severin Krøyer intitolata “Dalla Borsa di Copenaghen”.
“Questa mattina ci siamo svegliati con uno spettacolo triste, poiché il fumo sui tetti di Copenaghen testimoniava l’incendio distruttivo di Børsen“, ha detto Frederik X, il re di Danimarca, in una dichiarazione alla stampa. “Una parte importante del nostro patrimonio culturale architettonico era e continua ad essere in fiamme. Fino ad oggi, abbiamo considerato l’edificio storico come un bellissimo simbolo della nostra capitale e una struttura di cui noi, come nazione, siamo stati orgogliosi“.