Pensioni anticipate: spunta l’ipotesi della Quota 102. Ecco come potrebbe funzionare

Tra le opzioni allo studio per la riforma delle pensioni c’è anche l’idea della Quota 102 in alternativa all’attuale Quota 100, che scadrà al termine del prossimo anno.

Pensioni anticipate: spunta l’ipotesi della Quota 102. Ecco come potrebbe funzionare

Nel ventaglio delle opzioni che il governo sta studiando per garantire la flessibilità previdenziale una volta che sarà terminata la sperimentazione relativa alla Quota 100 c’è anche la cosiddetta Quota 102. Nella pratica, si tratterebbe di un meccanismo di prepensionamento simile a quello disponibile attualmente, seppure caratterizzato da requisiti maggiormente stringenti.

Ma procediamo con ordine e cominciamo a delineare il quadro della situazione relativo alla misura in scadenza il prossimo anno. La Quota 100 permette infatti di accedere all’Inps a partire dai 62 anni di età e con almeno 38 anni di versamenti, senza l’applicazione di alcuna penalizzazione, ma rinunciando a proseguire l’attività lavorativa. L’opzione risulterà percorribile per tutti coloro che matureranno i requisiti entro il 31 dicembre 2021.

Vista tale scadenza, a partire dal primo gennaio 2022 sarà quindi necessario avviare una nuova opzione di flessibilità per tutti quei lavoratori che non riusciranno a maturare i requisiti della Quota 100 in tempo utile. Senza una nuova opzione quest’ultimi potrebbero essere costretti ad attendere fino a cinque anni in più di lavoro per ottenere l’accesso all’Inps, secondo le regole previste dalla legge Fornero.

Riforma pensioni: come funziona l’ipotesi della Quota 102

All’interno del contesto appena delineato si inserisce l’ipotesi della Quota 102, un meccanismo di pensionamento che dovrebbe garantire l’uscita dal lavoro a partire dai 64 anni di età e con almeno 38 anni di versamenti. In questo modo, diventerebbe possibile anticipare di circa tre anni l’uscita dal lavoro secondo i criteri della pensione di vecchiaia con la legge Fornero. Quest’ultima prevede infatti la maturazione di almeno 67 anni di età.

Contestualmente, l’opzione potrebbe prevedere anche una penalizzazione sul valore dell’assegno di circa il 2,5 – 3% l’anno, per una rinuncia che mediamente dovrebbe attestarsi attorno al 5% del valore complessivo dell’assegno. In questo modo, il costo della misura continuerebbe a risultare sostenibile per lo Stato, mentre il sistema previdenziale garantirebbe comunque un meccanismo flessibilità nell’uscita dal lavoro.

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