Pensioni anticipate: sindacati favorevoli alla quota 41 per tutti, ma c’è un nodo da sciogliere

Le pensioni anticipate destinate ai lavoratori precoci consentono di uscire dal lavoro indipendentemente dall’età anagrafica e solo con il vincolo dell’anzianità contributiva: allo studio l’opzione per garantire l’uscita a tutti con 41 anni di versamenti.

Pensioni anticipate: sindacati favorevoli alla quota 41 per tutti, ma c’è un nodo da sciogliere

Le pensioni anticipate con la quota 41 rappresentano uno dei punti caldi del confronto tra governo e sindacati, andando a coinvolgere una particolare categoria di lavoratori che da tempo chiede maggiori tutele. Si tratta dei cosiddetti precoci, ovvero di coloro che hanno iniziato a lavorare sin da giovani e che ora si trovano in età avanzata senza un assegno previdenziale nonostante oltre quattro decenni di versamenti.

Al momento la legge Fornero permette di uscire dal lavoro con la pensione anticipata maturando almeno 42 anni e 10 mesi di versamenti, mentre per le donne ne servono 41 anni e 10 mesi. La quota 41 è invece un’opzione disponibile solo in favore di una parte ristretta della platea dei lavoratori. Si pensi ai disoccupati di lungo termine, ai caregiver, agli invalidi e a coloro che hanno svolto negli ultimi anni le attività gravose e usuranti riconosciute dalla legge.

Oltre a ciò, per ottenere la pensione anticipata con la quota 41 è necessario anche aver versato almeno un anno di contributi prima del compimento del 19mo anno di età. Decisamente troppi vincoli se si considera che si sta comunque parlando di persone che hanno accumulato oltre quarant’anni di versamenti presso l’Inps.

Riforma pensioni: l’ipotesi della quota 41 con il ricalcolo contributivo

Stante la situazione, nelle ultime settimane la quota 41 per tutti è ritornata alla ribalta dei media come una possibile soluzione finalizzata a favorire la flessibilità previdenziale una volta che la sperimentazione legata alla Quota 100 (62 anni di età e almeno 38 anni di versamenti) sarà definitivamente conclusa. Il principale problema rispetto a questa ipotesi è però legato all’applicazione di una penalizzazione finalizzata a contenere i costi applicativi.

Nella pratica, la misura potrebbe concretizzarsi assieme al ricalcolo contributivo puro (con una penalizzazione che potrebbe arrivare a toccare il 20-30% nei casi peggiori). La scelta di risparmiare un anno e 10 mesi di lavoro sarebbe quindi fortemente disincentivata, viste le gravi conseguenze sul valore del futuro assegno. Più facile che si arrivi a una forma di penalizzazione maggiormente blanda, attorno al 3% per ogni anno di anticipo nei confronti della pensione di vecchiaia. Il tutto fermo restando che l’ipotesi è ancora in fase embrionale.

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