Pensioni anticipate: ecco perché si vuole ripensare la Quota 100

Tra i provvedimenti di riforma delle pensioni più discussi nella precedente manovra c’è la Quota 100. Un’opzione che continua a provocare reazioni contrastanti nella platea dei lavoratori in età avanzata e che fa discutere in modo acceso la politica.

Pensioni anticipate: ecco perché si vuole ripensare la Quota 100

Proseguono le consultazioni politiche per la formazione di un nuovo esecutivo ed allo stesso tempo continuano a susseguirsi ipotesi e previsioni di modifica rispetto alle nuove pensioni anticipate tramite Quota 100. Il meccanismo è stato avviato nell’anno in corso e prevede l’uscita dal lavoro a partire dai 62 anni di età e con almeno 38 anni di contribuzione in senso sperimentale fino al termine del 2021.

Una scadenza che potrebbe però accorciarsi notevolmente, così come si potrebbe ridurre l’effettiva platea dei lavoratori coinvolti (attraverso un inasprimento dei requisiti). D’altra parte, lo stesso effettivo successo della misura è messo in dubbio in questi giorni dagli ultimi dati rilevati dall’Inps. Secondo le stime iniziali, nel 2019 avrebbero dovuto ricorrere al meccanismo di prepensionamento quasi 300 mila persone, mentre altre 700 mila si dovrebbero aggiungere sommando le richieste di quiescenza del 2020 e 2021.

Dati che appaiono distanti dall’effettivo accesso alla misura, perlomeno nel corso di quest’anno. Le rilevazioni indicano infatti che entro dicembre non si dovrebbero superare le 200 mila richieste complessive, venendo così a mancare un terzo dei pensionamenti rispetto alle proiezioni iniziali.

Flessibilità previdenziale e Quota 100: i dubbi sull’inclusività ed il problema dei costi

In queste ultime cifre, si possono quindi ritrovare molte delle motivazioni alla base di un possibile ripensamento della Quota 100. Il meccanismo esclude di fatto i lavoratori precoci per via del vincolo anagrafico, mentre taglia fuori dalla flessibilità previdenziale anche tanti pensionandi che vivono situazioni di disagio a causa del vincolo contributivo. Se è vero quindi che la Quota 100 ha aiutato decine di migliaia di lavoratori ad ottenere il  pensionamento anticipato, dall’altro lato bisogna considerare se sia possibile ottenere risultati migliori estendendo le tutele di altre opzioni già presenti nel contesto previdenziale pubblico.

Il riferimento va ad esempio all’APE sociale e volontaria e alla proroga dell’Opzione Donna; misure attualmente in scadenza al termine del 2019. Ma anche alla Quota 41, per ora limitata ad una piccola parte della platea dei lavoratori precoci. Mentre un ulteriore intervento potrebbe riguardare chi svolge lavori usuranti. Sullo sfondo di tutte queste considerazioni resta però il vero nodo da sciogliere, ovvero quello dei costi per le casse pubbliche. Un punto che più volte in passato ha giocato un ruolo chiave nel riequilibrio dei requisiti di accesso all’Inps.

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