Mentre il decreto legge sulla quota 100 ha appena ricevuto la firma del Presidente della Repubblica, prosegue la discussione pubblica in merito alla bontà del provvedimento. Tra le voci dove si concentra con maggiore attenzione la stampa economica ed in particolare Il Sole 24 Ore c’è la questione del ricorso ai fondi di solidarietà. Infatti, potendo disporre della versione definitiva del testo, sono emerse anche alcune nuove proiezioni sui costi della misura.
Nel caso specifico del ricorso ai fondi di solidarietà, secondo la procedura prevista dalla legge il datore di lavoro dovrà occuparsi di coprire (tramite un versamento al fondo) l’intero importo dell’assegno del lavoratore, oltre alla contribuzione relativa al periodo nel quale lo stesso risulterà collocato in esodo. Sarà inoltre necessario corrispondere anche le spese che dovrà affrontare l’Inps per la gestione delle pratiche. Infine, dovrà essere discusso con i sindacati anche un accordo collettivo per l’avvio del turn over e l’assunzione di giovani lavoratori.
Al lavoratore spetterà invece fare i conti rispetto all’importo minore dell’assegno prodotto dalla nuova opzione di uscita. Con il ricorso ai fondi è infatti possibile ottenere il prepensionamento con tre ulteriori anni di anticipo rispetto a quelli previsti in via ordinaria tramite la quota 100, quindi dai 59 anni di età e 35 anni di versamenti. Ma il fondo garantirà i versamenti solo fino ai 62 anni di età, mentre una volta maturati i requisiti ordinari della nuova opzione di quiescenza la pratica procederà così come già succede per chi non risulta coperto della tutela. Ne consegue che l’importo del futuro assegno risulterà ovviamente più basso rispetto a coloro che avranno accesso all’Inps una volta maturata la pensione di vecchiaia.
Il nuovo ruolo dei fondi nel contesto della riforma previdenziale
Resta però implicito che i fondi di solidarietà guadagnano non solo una maggiore importanza in virtù del ruolo assegnatogli dal legislatore tramite la quota 100, ma anche una nuova rilevanza nel delicato contesto della nostra architettura previdenziale. Se in precedenza il loro ruolo era infatti di assicurare una tutela in costanza di rapporto di lavoro o in casistiche molto peculiari e specifiche, ora possono diventare in modo diffuso dei veri e propri veicoli in grado di assicurare tutele previdenziali a chi non ha ancora raggiunto i criteri ordinari di accesso alla pensione anticipata o di vecchiaia.
Non è un caso se il legislatore ha voluto rafforzare questo ruolo proprio tramite la quota 100, visto che già in precedenza casi specifici di accompagnamento alla pensione con relativa attivazione della staffetta generazionale erano stati indicati come modelli da seguire e da estendere a tutti i settori lavorativi. Chiaramente, la pratica funzionerà se i rapporti tra costi e benefici risulteranno vantaggiosi sia per il pensionando che per il datore di lavoro. Ed è proprio su questo specifico punto che, con molta probabilità, si giocherà la sfida più difficile da vincere.