Era facile immaginare che davanti ai documenti e alle manovre economiche, sarebbero venute meno tutte le buone intenzioni tra i nuovi partner di governo. Nel documento d’intenti che ha generato il nuovo governo, il tema dell’IVA era al primo punto.
Sia il PD che il M5S hanno ribadito che un eventuale aumento dell’IVA avrebbe messo in ginocchio l’Italia. Si sa che tra il dire e il fare ci vogliono i numeri e in questo caso i soldi.
Qual è il vero problema
Il problema sostanziale sono i 23 miliardi delle clausole di salvaguardia. Soldi che da qualche parte bisogna recuperare, prima di mettere sul piatto altre risorse. Il governo, gli alleati ed anche l’opposizione, stanno battendo in maniera incessante sul tema IVA.
Il dibattito di questi giorni è ancorato su due termini, la minoranza parla di aumento, il governo di rimodulazione. La minoranza sostiene che, alla fine, il governo, messo alla strette, non farà altro che aumentare l’aliquota massima dal 22% al 25%.
La maggioranza per voce di Conte e del ministro Gualtieri afferma che il governo interverrà sull’IVA solo per rimodulare alcune aliquote, facendo passare ad esempio quella del 10% sui beni di prima necessità, al 4 o al 5%. Mentre per i beni di lusso applicherà a tutte le categorie il 22%, recuperando così del gettito in più, anche, mediante il recupero dell’evasione fiscale.
Come recuperare l’evasione: pagamenti elettronici e bonus Befana
L’idea del governo è quella di incentivare le spese con la moneta elettronica (carte di credito, carte di debito) soprattuto in quel settore in cui l’evasione è alta: piccoli lavorarti in casa, artigiani e ristorazione.
Il ministro Gualtieri ha annunciato di volere incentivare l’uso delle carte di credito e di debito con il cashback (letteralmente: restituire i soldi), una sorta di super bonus da erogare nei primi giorni del 2021. L’incentivo, visto la concomitanza temporale, è stato chiamato dai cronisti Bonus Befana.
Chi utilizzerà la moneta rintracciabile, potrà ottenere un rimborso annuale del 19% su tutta l’IVA pagata, applicabile fino un massimo di 2.500 €. La somma massima che il contribuente riceverà come rimborso “una tantum” è pari a 475€ annui.