Apple sull’orlo del tracollo: solo Trump ha evitato una nuova crisi globale per l’iPhone

Un’esenzione tariffaria in extremis decisa dall’amministrazione Trump ha salvato Apple da una potenziale paralisi industriale, minacciata da nuovi dazi contro la Cina che avrebbero colpito il cuore della produzione dell’iPhone.

Apple sull’orlo del tracollo: solo Trump ha evitato una nuova crisi globale per l’iPhone

Per Apple, le ultime settimane hanno rappresentato un ritorno ai giorni più bui della pandemia. L’azienda di Cupertino si è ritrovata improvvisamente sull’orlo di una crisi industriale senza precedenti, innescata dall’annuncio di nuove tariffe doganali volute da Donald Trump.

Con l’introduzione di un dazio del 125% sui beni importati dalla Cina, il cuore pulsante della produzione Apple – dai raffinati iPhone agli indispensabili Mac – rischiava di fermarsi di colpo. A salvare la situazione è stata una mossa dell’ultima ora: l’amministrazione statunitense ha deciso di escludere molti dispositivi elettronici di consumo dalle nuove imposizioni. iPhone, iPad, Apple Watch, Mac e AirTag sono sfuggiti al rincaro, mentre è stata anche eliminata una tariffa del 10% su beni provenienti da altri Paesi.

Una boccata d’ossigeno per Apple, che nel frattempo aveva già avviato una corsa contro il tempo per delocalizzare parte della produzione verso l’India.Con circa 220-230 milioni di iPhone venduti ogni anno – e un terzo destinato al mercato americano – i nuovi dazi avrebbero potuto mettere in ginocchio l’intero ecosistema Apple.

Secondo Morgan Stanley, l’87% degli iPhone e la stragrande maggioranza di iPad e Mac vengono ancora prodotti in Cina, un Paese da cui l’azienda genera anche il 17% dei propri ricavi. Numeri che rendono impossibile, almeno nel breve termine, un disimpegno completo dal territorio asiatico.

Il piano di emergenza era già sul tavolo: spostare in India la produzione destinata agli Stati Uniti, approfittando di imposte più leggere. Gli impianti indiani oggi riescono a realizzare oltre 30 milioni di iPhone all’anno, e sarebbero stati fondamentali per garantire la continuità della fornitura sul suolo americano. Ma trasferire in fretta parte della filiera – specialmente alla vigilia del lancio dell’iPhone 17 – sarebbe stato un rompicapo logistico, con il rischio concreto di aumenti di prezzo e ritardi nei lanci. Gli uffici finanziari e marketing dell’azienda avevano già iniziato a prepararsi al peggio: calcoli sui margini, piani per nuove campagne pubblicitarie e trattative con i fornitori.

Il timore era che un rincaro inevitabile potesse influire sull’appetibilità dei nuovi dispositivi, in un momento in cui la concorrenzaSamsung in testa – sembrava avvantaggiata grazie a impianti produttivi situati fuori dalla Cina. E se l’emergenza è stata scongiurata, l’incertezza resta palpabile. Le tensioni tra Washington e Pechino continuano a crescere, e nuove misure restrittive potrebbero essere dietro l’angolo. La Cina ha già colpito Apple con limiti all’uso dei suoi dispositivi nel settore pubblico e indagini antitrust. E Cupertino, da decenni profondamente legata all’efficienza degli impianti cinesi, sa bene che rompere del tutto con il Dragone non è realistico.

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