Truffa milionaria all’Opera di Santa Maria del Fiore: nove fermi e 30 milioni sottratti

Una truffa da 30 milioni di euro ha colpito l’Opera di Santa Maria del Fiore a Firenze, con nove fermi tra italiani, albanesi e cinesi per fatture false, riciclaggio e autoriciclaggio.

Truffa milionaria all’Opera di Santa Maria del Fiore: nove fermi e 30 milioni sottratti

Una vicenda che ha scosso il mondo culturale e finanziario fiorentino vede protagonista l’Opera di Santa Maria del Fiore, la Onlus che gestisce la cattedrale, il Campanile di Giotto e il Battistero di San Giovanni.

In sei mesi, un’organizzazione criminale avrebbe sottratto circa 30 milioni di euro con un sistema articolato di fatture false, riciclaggio e autoriciclaggio. Nove persone sono state fermate questa mattina in diverse province italiane – Brescia, Milano, Bergamo, Lodi, Prato, Rieti e Vicenza – su disposizione della Procura di Brescia, mentre un decimo soggetto risulta attualmente irreperibile.

Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Brescia e avviate lo scorso marzo, hanno preso avvio da una denuncia relativa a un pagamento di 1.785.000 euro, che la Onlus aveva effettuato per lavori di restauro del Complesso Eugeniano di Firenze. Il denaro, destinato all’impresa esecutrice, era stato invece convogliato su un conto corrente fittiziamente intestato, aprendo la strada a un ampio giro di fondi illeciti. Le perquisizioni hanno coinvolto società e appartamenti considerati centri nevralgici del sistema.

In particolare, un appartamento a Milano, intestato a una donna cinese, è stato identificato come un vero e proprio “centro di stoccaggio del denaro contante”. Al centro dell’organizzazione operavano due fratelli italiani, intermediari capaci di mettere in contatto imprenditori italiani e albanesi con cittadini cinesi, che fornivano il denaro contante necessario alla restituzione degli importi previsti dalle fatture false.

Secondo gli inquirenti, la percentuale sul servizio variava tra il 2% e il 7% a favore dei cittadini cinesi, con un’ulteriore quota del 2% destinata agli intermediari italiani. L’indagine ha messo in luce un meccanismo consolidato, volto a fornire liquidità contante a imprenditori compiacenti tramite società cartiere e fatture per operazioni inesistenti. I conti correnti coinvolti erano dislocati non solo in Italia, ma anche in Cina, Lussemburgo, Polonia, Germania, Spagna, Lituania, Nigeria e Croazia, dimostrando la portata internazionale del sistema. Il procuratore capo di Brescia, Francesco Prete, ha spiegato che chi versava il denaro alla Onlus era convinto di pagare fornitori legittimi, mentre i fondi finivano invece nelle mani dell’organizzazione criminale tramite conti bancari apparentemente regolari. Le intercettazioni hanno confermato l’esistenza di un sistema parallelo di gestione del denaro da parte di alcuni membri della comunità cinese in Italia, già documentato in altre indagini della Procura.

Continua a leggere su Fidelity News