La Corte d’Assise d’Appello di Brescia ha deciso di ridurre la pena inflitta a Raffaella Ragnoli, 58 anni di Nuvolento, condannata in primo grado per l’evento che ha coinvolto il marito Romano Fagoni. Il verdetto d’appello ha accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Domenico Chiaro e della difesa, riconoscendo le attenuanti generiche e portando la pena a 18 anni di reclusione.
La decisione è stata accolta con commozione dai figli della donna e dai numerosi amici e parenti presenti in aula. Secondo il sostituto procuratore generale Chiaro, la condanna all’ergastolo non teneva conto della lunga serie di vessazioni e dello stress subito da Ragnoli negli ultimi anni del matrimonio. «Non era un caso da condannare con l’ergastolo», ha dichiarato durante la requisitoria, sottolineando come le circostanze abbiano influito sulla situazione psicologica della donna.
Dopo la lettura della sentenza, il magistrato si è avvicinato all’imputata per un gesto di vicinanza e solidarietà, gesto che ha commosso molti presenti. L’episodio risale al gennaio 2023, nella cucina della casa familiare, sotto gli occhi del figlio sedicenne della coppia. Il ragazzo, testimone diretto della scena, chiamò immediatamente i soccorsi. Ragnoli, da quel momento, è stata reclusa nel carcere di Verziano, in attesa del processo d’appello che oggi ha portato a una significativa riduzione della pena.
La donna ha sempre sostenuto che la propria azione sia scaturita dalla necessità di proteggere il figlio minore, che quella sera rischiava di essere ferito dal marito. In un’intervista al Giornale di Brescia, Ragnoli ha raccontato lo choc e la tensione estrema vissuti: «Con un gesto improvviso ho cercato di proteggere mio figlio. In situazioni di altissima tensione, il controllo può sfuggire e portare a conseguenze drammatiche, che nessuno desidera».
L’avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, ha sottolineato come la sentenza rappresenti il riconoscimento delle attenuanti legate alla situazione familiare e allo stress subito dalla donna. «Quando le istituzioni rispettano la legge, è possibile garantire alle persone coinvolte un diritto alla giustizia equilibrata, che non è un privilegio, ma un riconoscimento delle circostanze particolari», ha dichiarato.
Questo caso evidenzia ancora una volta come il sistema giudiziario possa modulare le pene sulla base delle condizioni psicologiche e delle pressioni subite dagli individui, mantenendo al centro l’equilibrio tra responsabilità e attenuanti. La riduzione della pena per Ragnoli riflette la volontà dei giudici di considerare il contesto familiare complesso e le tensioni accumulate negli anni, portando a una decisione più equilibrata rispetto al primo grado.