Massimo Bossetti ha scritto a Vittorio Feltri ribadendo di non aver ucciso Yara Gambirasio

Massimo Bossetti ha chiesto aiuto al direttore editoriale di “Libero”, indirizzandogli una missiva nella quale afferma di non aver ucciso Yara Gambirasio e di non essere il mostro che la stampa ha descritto fin nei minimi dettagli.

Massimo Bossetti ha scritto a Vittorio Feltri ribadendo di non aver ucciso Yara Gambirasio

L’omicidio di Yara Gambirasio è stato uno dei casi giudiziari più seguiti dell’ultimo decennio. La 13enne scomparsa la sera del 26 novembre 2010, mentre si recava in palestra a Brembate di Sopra, ha dato vita ad una spasmodica ricerca conclusa tre mesi dopo, quando il corpo dell’adolescente venne ritrovato in un campo a pochi chilometri di distanza da dove abitava. 

Da quel momento le forze dell’ordine si sono prodigate nella ricerca dell’assassino. Dall’ostinata caccia all’uomo, a venire incolpato per il brutale omicidio è stato Massimo Bossetti, condannato dopo tre gradi di giudizio al carcere a vita

Ad ogni modo, il carpentiere di Mapello non ha mai ammesso le sue responsabilità, continuando a proclamarsi innocente. Da qui ha anche presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che però ha rigettato l’istanza ritenendola inammissibile. Alla luce di questo provvedimento dei giudici di Strasburgo, il muratore non si è comunque dato per vinto, disposto a tutto pur di provare la propria estraneità ai fatti.

Per farlo, ha recentemente scritto una lettera a Vittorio Feltri. Al direttore editoriale del quotidiano Libero ha voluto precisare di non avere nulla a che fare con quel terribile omicidio che sconvolse l’Italia intera. “Non sono né l’assassino della povera Yara, né il mostro che i media e i social hanno dipinto. Sono un uomo normale, semplice, che pensava al lavoro e a non far mancare nulla alla propria famiglia”, ha precisato il 49enne, a lungo etichettato dagli inquirenti con l’appellativo di Ignoto 1. 

Ma nella lettera, oltre a voler far emergere l’esistenza di un clamoroso errore giudiziario, ha anche lanciato una serie di accuse a danno della giustizia italiana, che di fatto gli avrebbe precluso il diritto alla difesa. A finire nel mirino sono sia gli investigatori che provarono in tutti i modi a costringerlo a confessare un reato mai commesso, che l’ex ministro degli Interni Angelino Alfano, reo di aver svelato all’opinione pubblica il suo arresto ancor prima che venisse bloccato dalle forze dell’ordine.

Dal suo punto di vista, tutto ciò non si concilia con i dettami costituzionali in fatto di presunzione di innocenza. “Confido che Lei possa capire cosa ho e sto provando. Gentile Direttore, La prego di prendere in considerazione la mia richiesta d’aiuto, restando a sua completa disposizione per ulteriori chiarimenti”, ha concluso quello che per la giustizia italiana è l’assassino di Yara Gambirasio.

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