L’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala a Teheran il 19 dicembre ha sollevato interrogativi e preoccupazioni sia in ambito giornalistico sia diplomatico. La vicenda, intricata e ancora avvolta nel mistero, appare legata a un complesso intreccio di relazioni internazionali e potrebbe persino avere connessioni con l’arresto di Mohammad Abedini, cittadino iraniano-svizzero fermato pochi giorni prima a Malpensa. Tuttavia, al momento, le supposizioni prevalgono sui fatti accertati.
Cecilia Sala, giornalista del Foglio e autrice di podcast di successo, era in Iran per realizzare una serie di interviste, tra cui una con Hossein Kanaani, cofondatore delle Guardie rivoluzionarie iraniane. Nonostante avesse un visto regolare di otto giorni, il 19 dicembre è stata prelevata dal suo hotel e trasferita nel penitenziario di Evin, noto per essere il luogo di detenzione di dissidenti politici e stranieri, nonché della travel blogger italiana Alessia Piperno.
Le autorità iraniane non hanno formalizzato accuse specifiche contro Sala, limitandosi a fare riferimento a generici “comportamenti illegali“. Questo approccio ha alimentato le speculazioni su una possibile motivazione politica dietro il fermo, in un Paese che utilizza spesso gli arresti di stranieri come strumenti di pressione diplomatica.
Il governo italiano, tramite la Presidenza del Consiglio e il Ministero degli Esteri, ha dichiarato di seguire la vicenda con la massima attenzione. La premier Giorgia Meloni ha assicurato che ogni sforzo è in corso per riportare Sala in Italia, mantenendo al contempo un atteggiamento di prudenza nei confronti della comunicazione pubblica. “In accordo con i suoi genitori,” si legge in una nota ufficiale, “vengono attivate tutte le possibili interlocuzioni con la necessaria cautela.“
Mario Calabresi, direttore di Chora Media, ha ricostruito le ultime ore di libertà della giornalista, sottolineando il suo comportamento metodico e scrupoloso, incompatibile con la sparizione improvvisa. Dopo il fermo, Sala ha potuto effettuare una sola telefonata alla madre, confermando le preoccupazioni per la sua sicurezza.
Tre giorni prima dell’arresto di Cecilia Sala, Mohammad Abedini, cittadino iraniano-svizzero, era stato fermato all’aeroporto di Malpensa su mandato delle autorità statunitensi. Accusato di fornire supporto materiale alle Guardie rivoluzionarie iraniane, considerate dagli USA un’organizzazione terroristica, Abedini avrebbe contribuito al programma di droni militari dei pasdaran attraverso la sua azienda, Sepehr Navigation System.
Le accuse contro Abedini includono la violazione delle leggi statunitensi sulle esportazioni e sulle sanzioni, mediante l’acquisto di tecnologia statunitense destinata all’Iran. La coincidenza temporale tra i due arresti ha portato alcuni osservatori a ipotizzare una connessione, sebbene al momento non vi siano prove concrete a supporto di questa tesi.