La decisione del Comune di Genova di non allestire, per il Natale 2025, il tradizionale presepe nel colonnato di Palazzo Tursi ha acceso una delle prime grandi polemiche politiche dell’era Salis. In passato, il presepe civico rappresentava un appuntamento fisso: le associazioni dei quartieri si alternavano nell’allestimento delle statuine, trasformando l’atrio del municipio in una vetrina della tradizione presepiale genovese. Quest’anno, invece, la giunta ha scelto di sostituire quell’allestimento simbolico con un “Villaggio di Natale”, spostando il baricentro delle celebrazioni su un programma diffuso fatto di eventi, installazioni e percorsi cittadini.
Secondo l’assessora alle Tradizioni Tiziana Beghin, la scelta non è una “cancellazione del Natale”, ma un tentativo di valorizzare i presepi “veri”, quelli ospitati nelle chiese e nei luoghi storici della città, anche attraverso il “Passaporto dei presepi”, un itinerario che mette in rete decine di allestimenti artistici e coinvolge direttamente la Curia e il mondo associativo. La destra genovese ha reagito con durezza. Lega, Fratelli d’Italia e altre forze di opposizione hanno definito lo stop al presepe a Tursi “uno schiaffo alle famiglie genovesi” e “alla nostra tradizione cristiana”, accusando la giunta di aver politicizzato anche il Natale.
In varie note e interviste, gli esponenti di centrodestra sottolineano come proprio Genova vanti una tradizione presepiale antichissima e riconosciuta, al pari di grandi scuole come quella napoletana e bolognese, e accusano l’amministrazione di sostituire un simbolo religioso e culturale con un generico villaggio di Babbo Natale, considerato una versione “commerciale” e meno identitaria delle feste. In questa cornice, la figura della sindaca Silvia Salis viene dipinta dai critici come responsabile di una rottura ingiustificata rispetto alla linea delle precedenti amministrazioni di centrodestra, che avevano al contrario puntato molto sul presepe istituzionale e sul progetto del “Passaporto dei presepi genovesi”.
Dall’altra parte, la maggioranza respinge al mittente le accuse e parla di “polemica costruita sul nulla”. Il Partito Democratico e le liste civiche che sostengono Salis ricordano che la rete presepiale cittadina non solo non viene toccata, ma anzi sarà rafforzata con un calendario fitto di iniziative, visite guidate e presepi viventi nei diversi quartieri e nelle principali chiese, molte delle quali patrimonio UNESCO. Beghin insiste sul fatto che il vero valore identitario sta nei presepi custoditi nei luoghi di culto e nelle comunità, non nell’allineare un singolo presepe sotto il colonnato del palazzo civico.
Per la maggioranza, quindi, la destra starebbe strumentalizzando un dettaglio logistico per attaccare una giunta appena insediata, trasformando una discussione sull’organizzazione del Natale in un referendum ideologico sulla “difesa delle tradizioni” e sulla laicità delle istituzioni. Il dibattito, alimentato anche dai social network, riflette una frattura più ampia: da un lato chi vede nel presepe pubblico un caposaldo dell’identità cristiana e genovese, dall’altro chi ritiene che le istituzioni possano celebrare il Natale in forme più inclusive senza rinunciare al legame con la storia religiosa della città.