Emanuela Orlandi, si fa strada tra gli inquirenti la pista di un delitto a sfondo libidinoso

La Commissione Parlamentare d'Inchiesta, come la Procura di Roma, sta prendendo seriamente in considerazione che Emanuela Orlandi possa essere morta dopo un abuso. Ombra su una compagna della ragazza.

Emanuela Orlandi, si fa strada tra gli inquirenti la pista di un delitto a sfondo libidinoso

Nessun intrigo intrigo internazionale o complotto vaticano, ma un delitto a sfondo libidonoso commessa da qualcuno che Emanuela Orlandi conosceva bene. Una vicenda avvenuta fuori dalle mura leonine e consumatasi per le vie di Roma. E’ questa, ormai, la pista privilegiata non solo dalla Procura di Roma, ma anche dalla Commissione Parlamentare che ha aperto un’inchiesta per cercare di far luce sul giallo della cittadina vaticana svanita a Roma nel lontano 1983.

Che Emanuela Orlandi possa essere finita preda di una vicenda libidinosa fu una pista che aveva pervaso anche la pm Margherita Gerunda, la quale si disse convinta che Emanuela Orlandi fu violentata e eliminata o comunque morta in seguito alle sevizie dopo essere stata attirata in una trappola da qualcuno del suo microcosmo sociale. Una tesi seguita anche degli investigatori che esclusero un sequestro a scopo di riscatto, viste le condizioni economiche della famiglia Orlandi, ma ritennero più probabile che la ragazza fosse stata convinta a non tornare a casa dopo un incontro con un conoscente o un amico occasionale. Un incontro finito i malo modo con un abuso o un tentato abuso che causò il decessp della giovane studentessa di musica. 

Margherita Gerunda non fu l’unica a dirsi certa di questa idea che nel corso degli anni è stata messa da parte per far posto a ogni genere di tesi romanzate. Anche il pm Domenico Sica si disse convinto che Emanuela rimase impigliata in una storiaccia con un adulto che la ragazza conosceva bene e di cui si fidava, tanto da seguirlo fiduciosa, ignara delle sue reali intenzioni. Sulla stessa linea di pensiero fu anche l’avvocato storico della famiglia Orlandi, Gennaro Egidio, il quale disse che quello di Emanuela Orlandi non era stato un sequestro, ma un caso molto più semplice, anche se non meno amaro, sospettando del giro di amicizie della zia di Emanuela, Anna Orlandi, che dopo la scomparsa della nipote lasciò improvvisamente la casa in Vaticano per trasferirsi nella casa di montagna a Torano.

Nessuno di loro fu ascoltato, perché una cittadina vaticana che sparisce nel nulla apre le finestre su ogni genere di spettacolo suggestivo che ha spinto i media a inzuppare il biscotto. E non solo i media. Ma anche a coloro mossi dal desiderio di protagonismo. Dopo anni passati a scandagliare le piste più assurde, finalmente sembra che gli inquirenti abbiano capito che quello di Emanuela Orlandi è stato molto probabilmente un caso a chilometro zero. Un delitto avvenuto lì per lì e non premeditato, perché chi avesse premeditato un atto libidonoso contro la ragazza doveva essere sicuro che Emanuela la sera del 22 giugno 1983, giorno della scomparsa, non prendesse l’autobus con le compagne di Conservatorio di Musica e che il fratello Pietro non andasse a prelevarla con la sua moto, altrimenti tutto sarebbe saltato.

Le informazioni finora raccolte, messe insieme e analizzate con obiettività e non con il pregiudizio, lasciano pensare Emanuela Orlandi incontrò il suo aguzzino mentre si recava a scuola di musica e che abbia concordato con il misterioso uomo un appuntamento all’uscita della stessa scuola. Un appuntamento che purtroppo dovette finire nel peggiore dei modi, con l’uomo che dopo averla condotta chissà dove l’ha violentata ed eliminata Oppure non è riuscita nemmeno a violentarla, perché potrebbe averla stordita con una sostanza stupefacente. All’epoca si usava il cloroformio narcotico che in dosi elevate può fa fuori un adulto, figuriamoci una ragazza di quindici anni.

Chi è stato il colpevole della scomparsa di Emanuela Orlandi non lo sappiamo e forse non lo sapremo mai perché è passato troppo tempo da quel remoto 1983 per giungere a una verità giudiziaria.Tuttavia, il presidente della Commissione Parlamentare, Andrea De Priamo, si è detto fiducioso che si giungerà a una verità quantomeno storica. Non solo, ma De Priamo si è detto certo che la verità su Emanuela Orlandi è custodita da una sua amica, forse una ragazza che potrebbe aver visto l’uomo che prelevò Emanuela quella sera. Qualunque sia la verità, una cosa sembra essere certa: il colpevole doveva essere una persona conosciuta anche dalla famiglia Orlandi. Lo dimostra il fatto che, dopo il fattaccio l’uomo ebbe anche l’accortezza di far sparire il corpo di Emanuela proprio per evitare che l’esame delle tracce lasciate sulla ragazza portassero prima o poi alla sua identificazione.

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