La triste vicenda di Renata Trandafir e della madre Gabriela ha messo in luce alcune criticità nella gestione delle denunce e nell’applicazione del Codice rosso, evidenziando ritardi che possono avere conseguenze dr@mmatiche.
Era il 29 novembre 2021 quando Renata Trandafir, 22 anni, si presentò dai carabinieri di Castelfranco Emilia per segnalare situazioni di rischio legate al patrigno Salvatore Montefusco. La giovane descrisse con chiarezza le difficoltà che stava vivendo in famiglia e sottolineò il timore per la presenza di @rmi. La richiesta di protezione e di allontanamento dell’uomo fu netta. Tuttavia, la segnalazione con codice rosso, introdotta proprio per garantire un intervento rapido in casi di possibile pericolo domestico, raggiunse la Procura di Modena soltanto il 4 gennaio 2022, oltre un mese dopo.
I tr@gici eventi si consumarono il 13 giugno 2022 nella villetta di Cavazzona, a Castelfranco Emilia, quando Montefusco compì l’estremo gesto contro Gabriela, 47 anni, e la figlia Renata. Pochi minuti dopo, contattando i soccorsi, l’uomo ammise quanto accaduto. In primo grado, la sentenza di condanna a 30 anni suscitò polemiche per le attenuanti riconosciute dai giudici, definite come «di comprensibilità umana». Successivamente, la Corte d’Appello riformò la decisione, accogliendo l’impugnazione della Procura e condannando Montefusco all’ergastolo, chiudendo così un percorso giudiziario complesso e discusso.
Un aspetto centrale della vicenda riguarda un episodio precedente, che evidenzia criticità operative all’interno dell’@rma. Risale al 13 luglio 2021 la denuncia di Gabriela nei confronti del marito. La Procura contesta a un carabiniere di aver inizialmente suggerito alla donna di procedere con una causa civile di separazione, senza accogliere immediatamente la querela per i presunti comportamenti del marito.
Solo dopo l’insistenza della donna, preoccupata per la sicurezza propria e dei figli, le fu comunicato di tornare più tardi. Nel frattempo, Gabriela si trovò in una situazione delicata in sala d’attesa, dove era presente anche l’avvocato dell’uomo. Per timore di eventuali conseguenze, decise di rimandare la denuncia e la presentò il giorno successivo presso un’altra stazione dei carabinieri, a Bologna.
Questo caso ha acceso il dibattito sul funzionamento del Codice rosso e sulla necessità di ridurre i tempi tra la segnalazione e l’intervento della Procura. La vicenda di Renata e Gabriela evidenzia quanto sia importante garantire procedure immediate e sicure per chi denuncia situazioni di rischio, evitando che ritardi possano avere esiti dramm@tici.