Nella puntata del 21 maggio del programma “Chi l’ha visto?” in onda su Rai3, Federica Sciarelli ha presentato un documento sconcertante che potrebbe riscrivere la storia di uno dei casi giudiziari più discussi degli ultimi decenni: il delitto Chiara Poggi. Secondo quanto riferito da un soggetto attualmente latitante, la ragazza avrebbe scoperto un sistema di presunti abusi e ricatti sessuali che ruotava attorno al noto Santuario di Garlasco, legato al discusso esorcista Don Gregorio Vitali.
Il documento, illustrato durante un servizio curato da Vittorio Romano, fa riferimento a un presunto tentativo di estorsione avvenuto nel 2014 a Vigevano, dove due uomini di origine romena avrebbero chiesto 250.000 euro a un alto prelato vaticano per evitare la diffusione di un audio compromettente, attribuito proprio al rettore del Santuario. Si parla addirittura dell’esistenza di video registrati nella camera del religioso, che però non sarebbero mai stati consegnati agli inquirenti.
Il cuore della nuova ipotesi presentata nella trasmissione è che Chiara Poggi avrebbe avuto accesso a queste informazioni. A sostenerlo è proprio uno dei due estorsori, contattato telefonicamente dalla redazione Rai nonostante la sua latitanza. “Chiara aveva detto che avrebbe parlato”, ha affermato l’uomo, lasciando intendere che il movente del delitto potrebbe non essere di natura personale, ma legato a un segreto troppo scomodo per essere svelato.
Un’affermazione grave, da prendere con la dovuta cautela, vista l’identità del testimone e l’assenza, al momento, di prove concrete. Ma sufficiente per rilanciare le ombre su un caso che, dopo quasi due decenni, continua a mostrare crepe, omissioni e zone d’ombra. Nel corso della trasmissione si è tornati anche su un altro punto controverso: il contenuto del cestino del PC di Alberto Stasi, ex fidanzato e unico condannato per il delitto.
I carabinieri, secondo quanto riportato, avrebbero cancellato i dati durante la perizia, compromettendo possibili elementi utili a chiarire il contesto in cui Chiara ha perso la vita. Ulteriori dubbi emergono anche dalle impronte ritrovate sulla scena del crimine. Una, la numero 33, risulterebbe compatibile con Andrea Sempio, amico della vittima. Ma non è sufficiente per attribuire una colpevolezza.
Più inquietante ancora è la cosiddetta “impronta 10”, non associata ad alcun nome noto e ritrovata sulla porta d’ingresso: un dettaglio che, a 18 anni dai fatti, potrebbe indicare la presenza di un terzo soggetto mai identificato. L’intero servizio ha rimesso in discussione l’apparente chiarezza processuale del caso. La domanda, a questo punto, è se l’eventuale coinvolgimento del Santuario, di cui Chiara sarebbe venuta a conoscenza, sia stato davvero ignorato o volutamente accantonato nelle fasi iniziali dell’inchiesta.