Caso Yara: condanna confermata in appello per Massimo Bossetti

La Corte d’Assise d’appello di Brescia ha confermato la condanna al carcere a vita per il muratore di Mapello, riconosciuto colpevole dell’omicidio di Yara Gambirasio

Caso Yara: condanna confermata in appello per Massimo Bossetti

Massimo Bossetti resta in carcere! Dopo una camera di consiglio durata oltre 15 ore, la Corte d’Assise d’appello di Brescia ha confermato la sentenza del processo di primo grado, che nel luglio dello scorso anno condannò il muratore di Mapello alla pena dell’ergastolo, ritenendolo responsabile dell’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, scomparsa da Brembate di Sopra (Bergamo) il 26 novembre 2010 e ritrovata senza vita dopo tre mesi in un campo di Chignolo d’Isola.

I giudici non hanno dato ascolto all’ultimo appello di Massimo Bossetti, che aveva concluso le sue dichiarazioni spontanee ritenendosi innocente e dichiarando che la sua condanna “è il più grave errore giudiziario di questo secolo”. L’uomo pensa che il vero colpevole stia ridendo di lui e della giustizia. Nelle stesse dichiarazioni non era mancato un pensiero alla piccola Yara, “l’unica vittima di questa immane tragedia” e che poteva essere anche sua figlia e “non meritava una tale fine”.

Resta pertanto decisiva la traccia di DNA rinvenuta sugli indumenti intimi di Yara e compatibile con quello di Bossetti. Il muratore di Mapello, proprio su questo aspetto, aveva chiesto che fosse rifatto il test, perché lo ritiene un errore. La difesa ha sostenuto che una traccia genetica non possa resistere per tre mesi alle intemperie, chiedendo anche il parere dell’esperto Peter Gill.

I giudici non hanno ritenuto necessario acquisire agli atti neanche le immagini satellitari presentati dalla difesa, che dimostrerebbero che il 24 gennaio 2011, il corpo di Yara non era sul luogo del ritrovamento, smontando pertanto l’impianto accusatorio, che ritiene che la ragazzina sia stata assassinata lo stesso giorno della sua sparizione, proprio nel campo di Chignolo d’Isola.

Per l’imputato, in carcere dal 16 giugno 2014, resta adesso solo la speranza che la Cassazione possa ribaltare il verdetto di condanna.

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