Caso Stefano Cucchi: i carabinieri a processo per depistaggio delle indagini sono otto

Il caso della morte di Stefano Cucchi potrebbe prendere un'altra piega. I carabinieri che saranno presenti al processo di novembre saranno otto. Ecco cosa è successo.

Caso Stefano Cucchi: i carabinieri a processo per depistaggio delle indagini sono otto

I processi inerenti il caso della morte di Stefano Cucchi continuano. Ora i carabinieri accusati di depistaggio sono otto e tra essi ci sono anche gli alti ufficiali. La prossima udienza in tribunale è prevista per il 12 novembre e, con questo, saranno 4 i processi effettuati. Le accuse ai danni degli otto carabinieri sono di aver dichiarato il falso per sviare le indagini

I nomi delle persone coinvolte sono Alessandro Casarsa, Lorenzo Sabatino, Massimiliano Labriola Colombo, Francesco Di Sano, Francesco Cavallo, Luciano Soligo, Tiziano Testarmata e Luca De Cianni.

Stefano Cucchi: l’accusa agli otto carabinieri di sviare le indagini

Il pubblico ministero riporta che Casarsa e Soligo avevano chiesto all’epoca di modificare il documento scritto da Di Sano riguardo ai dolori al costato e all’impossibilità di camminare, andando a modificare le condizioni di salute di Stefano Cucchi. La modifica, falsa, avrebbe avuto come data il 26 ottobre 2009 (anch’essa non veritiera) e al suo interno spiegava che i dolori delle ossa di Cucchi derivassero dalla tavola troppo rigida e dall’umidità dell’ambiente. 

Su quella tavola del letto, però, ci ha dormito poco e le principali cause di quei dolori derivavano anche dal suo stato di tossicodipendenza, secondo quanto riportato in quel falso documento, senza nominare i vari dolori alla testa. Successivamente, nel 2015, Sabatino e Testarmata avevano scoperto che i documenti stipulati erano falsi, ma avevano deciso di nascondere quanto accaduto.

Ilaria Cucchi ha spiegato che si tratta di un momento storico e ringrazia il carabiniere Riccardo Casamassima in quanto ha fatto riaprire l’inchiesta, essendo un testimone dell’accaduto. Il generale Casarsa, però, si è difeso spiegando di non avere mai avuto contatti con magistrati e medici legali. Anzi, senza fare nomi, ha intrinsecamente accusato Vittorio Tomasone, un altro generale. Quest’ultimo ha visto apparire il suo nome solo nella deposizione fatta il 27 febbraio di quest’anno in quanto testimone.

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