Il blogger indagato nell’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi ha riferito di non aver mai dato peso alle testimonianze anonime, soprattutto quando queste testimonianze sono senza prove. Qualche mese fa aveva pubblicato un articolo su un sito in cui ipotizzava che Emanuela Orlandi potesse anche essere rimasta gravida e fatta sparire per nascondere uno scandalo. Un tesi che aveva il pregio di avvicinarsi molto alla realtà di una ragazza di quasi sedici anni con i suoi piccoli segreti.
Dopotutto, i quotidiani sono pieni di notizie di cronaca che raccontano come certe adolescenti riescono perfino a tenere nascosta una gravidanza, per poi partorire di nascosto e gettare il feto nella spazzatura. Nel caso di Emanuela Orlandi, invece, le cose potrebbero essere andate diversamente, dato che Emanuela, essendo una ragazza cattolica, nata in un ambiente in cui l’aborto era visto come un delitto potrebbe aver deciso di tenere quel bambino che teneva in grembo, segnando così la sua sorte. Fantascienza? No. Perlomeno un teorema non più surreale di complotti internazionali, di intrighi vaticani, di cospirazioni finanziari e via dicendo.
Qualche giorno dopo quell’articolo gli giunse un messaggio da parte di una donna che si era firmata con delle iniziali e che aveva rivelato di essere stata la segretaria di un ginecologo romano che nel giugno del 1983 aveva visitato Emanuela Orlandi, accompagnata da un tutor della Camera dei Deputati, confermando un principio di gravidanza. Il blogger aveva chiesto una prova, per esempio la cartella clinica della ragazza, ma la donna aveva riferito che dopo la scomparsa di Emanuela il suo datore di lavoro aveva preso in consegna la cartella clinica depositata nell’archivio e l’aveva consegnata a un carabiniere in servizio presso la Camera dei Deputati, ordinando alla sua segretaria di non parlare con nessuno di quella visita compromettente.
La cosa che lo aveva lasciato parecchio perplesso non era solo la presenza di persone legate a una istituzione politica, ma ciò che questa donna aveva aggiunto nel messaggio. Secondo quanto aveva raccontato, pare che in Parlamento c’erano dei personaggi di un certo peso che avevano l’abitudine di organizzare festini in un appartamento in vicolo Valdina. Festini che vedevano coinvolte anche ragazze reclutate nella scuola di musica frequentata da Emanuela, il Tommaso Ludovico da Vittoria, con sede nel Palazzo Sant’Apollinare, dove c’era anche l’ufficio di Oscar Luigi Scalfaro, estraneo alla vicenda, diventato porto franco di deputati e senatori che quasi certamente entravano e uscivano da quell’ufficio a loro piacimento.
Un particolare che per quanto dubbio si conciliava perfettamente con i sospetti del pm Domenico Sica che stava indagando su alcuni personaggi del Parlamento che, come riferì anche Natalina Orlandi alla zia Lucia, approfittavano del loro ruolo per estorcere rapporti sessuali alle dipendenti di Montecitorio o a chi ambiva a entrarci mediante regolare concorso pubblico. Una congrega di importunatori che-sempre stando alle parole di Natalina Orlandi-facevano capo a Mario Peruzy, direttore amministrativo di Montecitorio e il cui braccio destro era Mario Meneguzzi, zio di Emanuela, che già nel settembre del 1983 era finito nel mirino di Sica che lo fece anche pedinare.
Emanuela Orlandi, come ha recentemente teorizzato anche suo cugino Pietro Meneguzzi in Commissione Bicamerale, potrebbe essere rimasta incinta dopo essere stata introdotta in uno di questi festini? Il presunto “uomo dell’Avon” che avvicinò Emanuela sul corso Rinascimento era un reclutatore di ragazze minorenni da avviare a quei festini con il loro consenso delle ragazze e dietro compensi ben pagati? C’erano compagne di Conservatorio di Emanuela che avevano partecipato a quei festini e che quindi avevano tutte le ragioni per tacere? Non lo sappiamo. Il blogger ha detto che qualcuno ha preso troppo sul serio quella informazione e l’ha consegnata alla Procura di Roma, la quale vuole vederci chiaro in questa vicenda. Anche se lui crede che ci troviamo davanti all’ennesima mitomane inserita nella vicenda. Ma se le cose stessero effettivamente così, allora il polverone di depistaggi che si sollevò a quel tempo, soprattutto dopo l’appello del papa, non sarebbe stato affatto una casualità.