Marzia Capezzuti era una giovane donna con un sorriso timido e un cuore pieno di sogni, partita da Milano per inseguire un amore che sperava potesse darle una nuova casa. Nel 2017, a 29 anni, si trasferisce a Pontecagnano Faiano, in provincia di Salerno, per stare vicino ad Alessandro Vacchiano, conosciuto attraverso i social. Ma quella che sembrava una storia di speranze si trasforma presto in un viaggio oscuro, fatto di isolamento, abusi e silenzi che nessuno ha voluto spezzare in tempo.
Marzia arriva nel Sud Italia con il desiderio di costruire qualcosa di bello. Alessandro, il suo fidanzato, era il ponte verso una vita diversa. Ma quando lui muore tragicamente per un’overdose, il mondo di Marzia crolla. Invece di tornare a casa, rimane con la famiglia di lui: Barbara Vacchiano, la sorella di Alessandro, e Damiano Noschese, il compagno di lei. Quello che avrebbe dovuto essere un rifugio temporaneo diventa una gabbia invisibile.
Marzia, che viveva con un ritardo mentale di media gravità, era una persona fragile ma non priva di dignità. Riceveva una pensione di invalidità, circa 800 euro al mese, che forse è diventata il motivo per cui non le è stato permesso di andarsene. La sua vulnerabilità, invece di essere protetta, è stata sfruttata. In quella casa di Pontecagnano, Marzia non era più una persona, ma un’ombra.
Testimonianze emerse al processo raccontano di una quotidianità fatta di umiliazioni e privazioni. Dormiva per terra, mangiava poco e solo ciò che le veniva concesso, veniva nascosta quando qualcuno bussava alla porta. L’avvocata Stefania De Martino, una delle poche voci a rompere il muro di silenzio, ha descritto una situazione in cui Marzia era trattata come un oggetto, priva di libertà e umanità.
Nonostante le segnalazioni anonime arrivate all’avvocatessa da chi sospettava qualcosa di terribile, le denunce presentate ai carabinieri e ai servizi sociali non hanno portato a un intervento concreto. Marzia è rimasta intrappolata, invisibile agli occhi di chi avrebbe dovuto salvarla. Ciro Capezzuti, il padre di Marzia, porta ancora nel cuore il peso di una figlia perduta.
“Non era un essere umano per loro”, ha detto con la voce rotta dall’emozione, definendo chi le ha fatto del male “aguzzini senza cuore”. La rabbia della famiglia si mescola al rimpianto per non aver potuto strapparla a quel destino. Anche il programma “Chi l’ha visto?” aveva acceso i riflettori sulla sua scomparsa, ma il tempo per Marzia era già scaduto. Oggi, il caso è al centro di un processo che vede Barbara Vacchiano e Damiano Noschese accusati di reati gravissimi, tra cui maltrattamenti e sequestro di persona. Coinvolto anche il figlio minorenne della coppia, che in una confessione registrata ha rivelato dettagli che hanno scosso l’aula del tribunale.
Il Comune di Pontecagnano Faiano si è costituito parte civile, un gesto che vuole dare un segnale: questa tragedia non deve passare inosservata. La storia di Marzia Capezzuti non è solo un racconto di dolore, ma un invito a guardare oltre le apparenze. È la storia di una donna che meritava di essere vista, ascoltata, protetta. Ci ricorda che dietro le porte chiuse possono nascondersi sofferenze silenziose e che spetta a tutti – vicini, istituzioni, cittadini – tendere una mano prima che sia troppo tardi. Forse, da questa tragedia, può nascere una promessa: quella di non lasciare mai più nessuno nell’ombra.