Caso Elena Ceste: pubblicate le motivazioni della sentenza

Sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza che ha portato alla condanna di Michele Buoninconti a trent'anni di carcere per l'omicidio della moglie Elena Ceste. Ecco cosa ha scritto il giudice.

Caso Elena Ceste: pubblicate le motivazioni della sentenza

Il giudice del Tribunale d’Asti, Roberto Amelio, ha scritto nero su bianco le motivazioni che l’hanno portato a condannare lo scorso 4 novembre, in primo grado, Michele Buoninconti per l’omicidio della moglie Elena. Secondo il giudice il delitto sarebbe stato a lungo premeditato e scaturito dal fatto che Michele non tollerava più la doppia vita di Elena, che aveva cominciato a frequentare altri uomini conosciuti online.

Michele avrebbe organizzato e pianificato il delitto per mesi, dopo che nell’autunno del 2013 aveva avuto il primo confronto con la moglie in merito ai rapporti extraconiugali di quest’ultima. Poi, il 21 gennaio del 2014, la scoperta di alcuni messaggi – inviati da Elena ad un altro uomo – ha innescato l’attuazione del piano diabolico. Approfittando di un turno di riposo dal suo lavoro di vigile del fuoco, la mattina del 24 gennaio del 2014 Michele Buoninconti ha ucciso la moglie ed ha occultato il suo cadavere.

La versione dell’ uomo secondo cui la moglie, in un momento di delirio, si era allontanata dalla loro villetta di Costigiole d’Asti – nuda e senza occhiali – non ha mai convinto gli investigatori. Il corpo di Elena Ceste è stato ritrovato il 18 ottobre del 2014 da alcuni operai che ripulivano un canale ad Isole d’Asti che si trova a due chilometri dalla villetta in cui la donna viveva.

Il ritrovameto del corpo, ormai ridotto a scheletro, non ha permesso di chiarire “con certezza scientifica” le modalità con cui si è svolto l’omicidio ma vari elementi -come il mancato ritrovamento di tracce ematiche- fanno propendere per una morte da strangolamento.

Proprio durante l’occultamento del cadavere, Michele Buoninconti avrebbe commesso il suo unico errore: aveva il timore di aver perso il cellulare di Elena e così lo ha chiamato, facendo sì che le celle agganciassero il suo di cellulare “nell’area del ritrovamento del corpo di Elena in un orario compatibile con il successivo sviluppo dei fatti”.

Michele Buoninconti è stato condannato a 30 anni di reclusione che sta scontando nel carcere di Verbania.

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