Bimbo autistico di 4 anni: solo una sentenza ha imposto la presa in carico da parte della Asl

Da allora, però, nonostante le ripetute richieste dei genitori, né la Asl di Pescara né gli istituti convenzionati hanno dato seguito alla presa in carico, motivando il diniego con problemi di budget e carenza di risorse disponibili.

Bimbo autistico di 4 anni: solo una sentenza ha imposto la presa in carico da parte della Asl

 Una sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Pescara, Valeria Battista, ha riconosciuto il diritto di un bambino di quattro anni, affetto da disturbo dello spettro autistico, ad essere preso in carico dalla Asl di Pescara, direttamente o tramite strutture convenzionate. Il provvedimento, datato 3 aprile 2025, fa seguito al ricorso presentato dall’Angsa Abruzzo (Associazione Nazionale Genitori PerSone con Autismo), rappresentata legalmente dalle avvocate Maria Franca D’Agostino e Lola Aristone.

Il giudice ha stabilito che il bambino deve ricevere, senza ulteriori ritardi, le terapie e i trattamenti previsti dal piano dell’unità di valutazione multidisciplinare, redatto il 6 settembre 2024. Oltre a ordinare alla Asl l’attivazione del percorso terapeutico, il tribunale ha condannato l’azienda sanitaria anche al pagamento delle spese legali e generali, riconoscendo di fatto la violazione di un diritto fondamentale. Il caso non è isolato. La diagnosi di autismo a “livello alto” per il piccolo paziente era arrivata già a febbraio 2024, quando il bimbo aveva appena tre anni.

Nonostante la precocità della diagnosi, considerata oggi uno degli elementi chiave per una presa in carico efficace, la famiglia si è vista negare l’accesso ai servizi. A luglio, Angsa Abruzzo aveva già inviato una diffida formale alla Asl e agli istituti accreditati, sollecitando l’avvio dei percorsi terapeutici. La risposta, arrivata solo a novembre, era stata un netto rifiuto motivato dai limiti di budget e dai tetti di spesa già raggiunti. A gennaio 2025, la replica è stata ancor più desolante: le risorse disponibili erano sufficienti soltanto a coprire i bambini già in carico, lasciando fuori i nuovi diagnosticati.

Non si tratta di un episodio isolato. Sempre a gennaio, le stesse avvocate dell’associazione erano riuscite a ottenere un’altra sentenza favorevole per un altro minore, con l’obbligo di presa in carico da parte della Fondazione Papa Paolo VI. Anche in quel caso, il giudice aveva condannato la controparte a sostenere parte delle spese legali. “La situazione è ormai insostenibile per tante famiglie”, denuncia Alessandra Portinari, presidente di Angsa Abruzzo. “Il diritto alle cure viene sistematicamente negato attraverso liste d’attesa infinite. Iniziare una terapia dopo una diagnosi precoce, che dovrebbe rappresentare un vantaggio, è oggi possibile solo passando per le aule di un tribunale. È un paradosso che denunciamo da troppo tempo”.

Angsa chiede con forza un intervento strutturale. “A una settimana dalla conferenza stampa con Autismo Abruzzo continua Portinari torniamo a chiedere alla Regione l’apertura urgente di un tavolo permanente sull’autismo. Serve un piano pluriennale per il prossimo quadriennio e, soprattutto, un aumento immediato del budget regionale per eliminare le liste d’attesa, che umiliano la dignità di troppe famiglie”. Sulla stessa linea l’avvocata D’Agostino: “È mortificante per l’intera società dover ricorrere al giudice per far valere un diritto garantito dai LEA  Livelli Essenziali di Assistenza come la presa in carico dei bambini autistici.

La crescente incidenza di diagnosi dovrebbe spingere le istituzioni sanitarie a pianificare in anticipo e a dimensionare correttamente i servizi. Invece ci troviamo di fronte a un cortocircuito gestionale, che lascia soli i genitori in un momento già difficile”. La sentenza del Tribunale di Pescara rappresenta una vittoria importante, ma anche una denuncia forte del vuoto assistenziale in cui versano molte famiglie abruzzesi. Una vittoria che, però, non dovrebbe mai essere necessaria. 

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