Un caso senza precedenti scuote il mondo della procreazione assistita in Europa: quasi 200 bambini sono stati concepiti con lo sperma di un donatore portatore di una mutazione nel gene TP53, noto per aumentare significativamente il rischio di sviluppare tumori, inclusa la rara sindrome di Li Fraumeni.
L’inchiesta, condotta da 14 emittenti televisive europee tra cui la Bbc, ha rivelato come questo materiale genetico sia stato distribuito tra 67 cliniche della fertilità in 14 Paesi diversi, generando un numero di nati che potrebbe aumentare ulteriormente man mano che emergono dati da altri Stati. Il donatore, anonimo, ha iniziato a contribuire nel 2005 mentre era ancora studente universitario. I normali test di screening genetico non hanno rilevato la mutazione, che secondo gli esperti è presente potenzialmente nel 20% del suo sperma.
La banca del seme danese che ha gestito le donazioni ha confermato di aver subito bloccato l’accesso del donatore una volta scoperta la mutazione, sottolineando che la variante non può essere identificata con i controlli preventivi standard. La stessa banca ha espresso “profonda solidarietà” verso le famiglie coinvolte, ammettendo tuttavia che i campioni sono stati utilizzati per generare “troppi bambini” in alcuni Paesi. I dati disponibili sugli effetti della mutazione sono già preoccupanti: tra 67 bambini sottoposti a test genetici, 23 hanno ereditato la variante e 10 di questi hanno ricevuto una diagnosi di tumore.
Alcuni di loro sono già deceduti, mentre per gli altri la prognosi resta complessa, con rischi fino al 90% di sviluppare un cancro, spesso durante l’infanzia. Le famiglie sono quindi costrette a monitoraggi frequenti tramite risonanze magnetiche ed esami specialistici, e alcune donne portatrici della mutazione ricorrono a mastectomie preventive per ridurre i rischi futuri.
La vicenda solleva interrogativi sulla regolamentazione internazionale delle banche del seme. Al momento, ogni Paese fissa autonomamente il numero di famiglie che possono ricevere lo sperma di un singolo donatore, senza limiti uniformi tra Stati. In Belgio, ad esempio, un solo donatore ha generato 53 figli in 38 famiglie, superando di gran lunga le norme nazionali. Secondo esperti come Allan Pacey dell’Università di Manchester, la dipendenza dalle banche internazionali espone a rischi non uniformi e rende evidente la necessità di discutere regole più severe, pur riconoscendo che nessun sistema di screening può garantire sicurezza totale.
La Società europea di riproduzione umana ed embriologia ha suggerito un limite massimo di 50 famiglie per donatore, anche se ciò non elimina il rischio di trasmettere malattie genetiche rare. Gli specialisti sottolineano comunque che rivolgersi a cliniche autorizzate offre maggiori garanzie rispetto a sistemi privati, grazie a controlli più approfonditi sulle malattie genetiche.