Un ragazzo di diciotto anni di nazionalità bosniaca è stato ritrovato legato mani e piedi davanti a un campo rom a Roma, in un episodio che richiama alla mente simili fatti avvenuti a Torino il mese scorso. La scoperta del giovane, che presentava segni evidenti di sopraffazione, ha immediatamente mobilitato le autorità locali, coinvolgendo il Gruppo Spe (Sicurezza pubblica emergenziale) e il IV Gruppo Tiburtino, che hanno provveduto a liberarlo dalle fascette con cui era stato immobilizzato.
Secondo le prime ricostruzioni, il ragazzo sarebbe riuscito a fuggire da un container dove era stato trattenuto contro la sua volontà. Al suo interno era presente una donna di circa sessantadue anni, che si è presentata come la nonna del giovane e ha assunto la responsabilità delle percosse subite. La stessa vittim@, tuttavia, ha chiarito che la donna non è la sua vera nonna, ma colei che lo ha cresciuto insieme al marito fin dai primi mesi di vita, dopo che i genitori biologici avevano affidato loro la custodia del ragazzo.
Le indagini stanno valutando vari elementi che potrebbero aver portato a questo episodio, con l’ipotesi di una ritorsione tra le cause principali. Il marito dell’anziana donna aveva precedentemente denunciato il giovane per lesioni, creando così un contesto familiare teso e conflittu@le. Questo scenario porta gli inquirenti a considerare l’@ggressione come un gesto punitivo, più che un semplice atto di violenz@ casuale.
L’intervento tempestivo dei vigili ha permesso di evitare conseguenze peggiori, anche se il ragazzo è stato trovato in condizioni precarie, con i pantaloni abbassati, fatto che lascia aperta l’ipotesi di possibili abusi durante la detenzione. Il giovane ha raccontato di essere stato picchiato fino a perdere conoscenza, risvegliandosi successivamente in un luogo diverso da quello iniziale.
Questo dettaglio conferma la gravità dell’episodio e pone l’accento sulla vulnerabilità dei minori e dei giovani affidati a tutori non biologici. Il caso ha acceso il dibattito sul ruolo dei tutori affidatari e sulle possibili dinamiche di violenz@ domestica e ritorsione che possono svilupparsi in contesti familiari complessi. Le autorità stanno raccogliendo testimonianze e valutando le circostanze, mentre il giovane è stato affidato a strutture protette per garantirne la sicurezza e il supporto psicologico. In un contesto più ampio, episodi come questo mettono in luce l’importanza di una vigilanza costante sulle condizioni dei minori e dei giovani affidati a terzi, così come la necessità di protocolli chiari per prevenire ritorsioni o violenze interne, garantendo la protezione dei diritti fondamentali e la tutela della loro integrità fisica ed emotiva.