Sono passati quattro mesi dalla scomparsa di Abdou Ngom, un ragazzo di 13 anni, la cui vicenda ha profondamente scosso la comunità di Bra, nel Cuneese. Nonostante le ricerche iniziali, il corpo di Abdou non è mai stato ritrovato e la famiglia continua a vivere un’incertezza dolorosa, priva di una conclusione che possa portare pace.
Il 22 aprile, durante una giornata trascorsa alla “Spiaggia dei cristalli” lungo il fiume Tanaro, Abdou è stato visto per l’ultima volta. Era in compagnia di tre amici più grandi, quando, secondo gli sviluppi delle indagini, uno di loro lo avrebbe spinto in acqua. Il giovane, che aveva più volte detto di non saper nuotare, è stato travolto dalla corrente impetuosa a causa delle recenti piogge.
Le prime versioni avevano descritto la caduta come fortuita, ma le testimonianze successive, insieme alle intercettazioni, hanno delineato una dinamica diversa, indicando che si è trattato di un gesto volontario. Le ricerche sono state immediate e intense: vigili del fuoco, protezione civile e carabinieri hanno battuto il fiume con elicotteri, gommoni e droni, ma le condizioni del fiume – torbido e in piena – hanno reso quasi impossibile trovare tracce di Abdou.
Le operazioni sono state poi sospese. Ora che il livello del Tanaro è più basso e le sponde sono più accessibili, il padre, Khadim Ngom, ha chiesto con forza la riapertura delle ricerche. Il suo desiderio è poter dare a suo figlio una degna sepoltura e chiudere un capitolo doloroso della vita della famiglia. Nel corso delle indagini, è emersa anche una possibile situazione di prevaricazione nei confronti di Abdou, con accenni a dinamiche che potrebbero configurarsi come episodi di bullismo.
Gli altri ragazzi presenti hanno confermato che Abdou aveva espresso chiaramente la sua difficoltà con l’acqua, ma è stato comunque spinto. Le conversazioni private tra i ragazzi sembrano mostrare un tentativo di concordare una versione comune degli eventi. Il giovane ritenuto responsabile si trova attualmente agli arresti domiciliari in una comunità per minori e, tramite i suoi legali, nega ogni intenzione dannosa.
Abdou, arrivato in Italia all’età di tre anni, era un ragazzo solare e appassionato di calcio, giocava nella squadra locale e coltivava il sogno di diventare un attaccante professionista. Il padre Khadim racconta il vuoto lasciato dalla perdita e l’angoscia di non avere risposte: «Mia moglie non riesce a parlare, io voglio solo la verità. Se un ragazzo dice che non sa nuotare, perché buttarlo in acqua?». Il suo appello finale è rivolto alle autorità locali e al prefetto: la speranza è che le ricerche riprendano al più presto, per ritrovare Abdou e dare alla famiglia un po’ di sollievo in questa lunga attesa. Questa vicenda tocca il cuore e ricorda l’importanza di ascoltare e tutelare i più giovani, affinché si possa vivere in un ambiente di rispetto e sicurezza. La comunità di Bra resta vicina a Khadim e alla sua famiglia in questo momento di grande difficoltà, sperando in una svolta che porti chiarezza e conforto.