Al Gentedimare di Golfo Aranci, rinomato ristorante frequentato ogni anno da celebrità, influencer e turisti facoltosi, c’è un’aria diversa dal solito. Nonostante la location da cartolina e un’offerta economica tutt’altro che trascurabile — 3.000 euro netti al mese, con possibilità di arrivare anche a 5.000 — il proprietario Gianluca Fasolino non riesce a trovare un aiuto cuoco.
Una crisi paradossale che sta mettendo in difficoltà un’attività altrimenti di successo. «Offro uno stipendio alto, vitto, alloggio. Eppure, non si presenta nessuno. Alcuni neppure rispondono, altri spariscono nel nulla», racconta amareggiato l’imprenditore. Il problema, secondo Fasolino, affonda le radici nel post-pandemia. Dal 2020, riferisce, il mondo della ristorazione è cambiato radicalmente.
«Dopo il Covid non vuole più lavorare nessuno nel settore. È come se si fosse rotto qualcosa nel rapporto tra le persone e il sacrificio», spiega. Un tempo bastava l’offerta giusta per attirare professionisti motivati, oggi non è più così. «Quando qualcuno mi scrive, nella maggior parte dei casi neanche si presenta», prosegue il ristoratore, che nel frattempo è stato costretto a rimboccarsi le maniche e affiancare personalmente il cuoco in cucina.
Il turnover del personale è continuo: dall’inizio dell’estate sono passate circa quindici persone, tutte andate via nel giro di poco tempo. Le cause? Le più varie. Divergenze sugli orari, incomprensioni con i clienti, ritmi considerati troppo intensi. E spesso, lamenta Fasolino, si tratta di candidati problematici o poco motivati. Anche il lavapiatti, per il quale offre 2.000 euro netti mensili più vitto e alloggio, è una figura difficile da reperire.
«Non penso di essere io il problema. Alcuni dei miei collaboratori lavorano con me da oltre 25 anni», sottolinea. Il suo sfogo si conclude con una riflessione generazionale: «Non capisco come facciano a vivere questi giovani, senza lavorare davvero. Sembra mancare la voglia di sacrificarsi, di impegnarsi, come se tutto dovesse arrivare facilmente». Una denuncia che accende il dibattito sul mondo del lavoro stagionale, in una Sardegna sempre più affollata ma sempre più povera di manodopera qualificata.