Con una manovra militare meticolosamente coordinata, Stati Uniti e Israele hanno condotto un’azione dirompente contro tre infrastrutture nucleari iraniane di primaria importanza: Fordow, Natanz e Isfahan.
L’intervento, avvenuto nella notte tra il 21 e il 22 giugno 2025, è stato ufficializzato dal presidente Donald Trump come un’operazione “di spettacolare successo”, rivolta a neutralizzare le capacità di arricchimento dell’uranio della Repubblica Islamica e a lanciare un segnale inequivocabile alla comunità internazionale.
Protagonisti dell’azione sono stati sei bombardieri stealth B-2, decollati dalla base aerea di Whiteman nel Missouri e riforniti durante il volo nel Pacifico. I velivoli hanno centrato il sito sotterraneo di Fordow con armamenti capaci di raggiungere profondità estreme, mentre unità navali statunitensi hanno colpito con estrema precisione gli impianti di Isfahan e Natanz, danneggiando le strutture chiave del ciclo del combustibile nucleare iraniano.
Secondo l’Organizzazione per l’Energia Atomica dell’Iran e fonti ufficiali citate dalla TV di Stato, le installazioni erano state parzialmente evacuate nei giorni precedenti e non si sono verificati rilasci di materiale radioattivo. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ha confermato che i livelli di radiazione rimangono stabili.
Tuttavia, la tensione è esplosa nell’intera regione: in Israele sono scattati sistemi di allerta in diverse città, tra cui Tel Aviv e Haifa, dove alcune aree urbane hanno riportato danni materiali. Da Teheran sono emerse dichiarazioni fortemente ostili: fonti vicine ai vertici delle forze paramilitari iraniane parlano di una “risposta inevitabile” e fanno sapere che è stato attivato lo stato di mobilitazione generale.
Alcune zone strategiche, come Qom e Isfahan, risultano isolate e presidiate. In risposta alla manovra, il Dipartimento di Stato americano ha ordinato l’evacuazione del personale diplomatico presente in Israele, temendo un’escalation più ampia. In una dichiarazione congiunta, Trump, affiancato dai vertici del suo gabinetto, ha ribadito che “chiunque tenti di reagire sarà fronteggiato con nuove iniziative mirate e puntuali”.
La Casa Bianca ha fatto trapelare che l’obiettivo non è il cambiamento di regime, ma la neutralizzazione di una minaccia definita “non più tollerabile”. Sul fronte internazionale, Mosca ha criticato con fermezza la mossa americana, mentre Pechino ha invocato il ritorno alla diplomazia. La NATO ha innalzato il livello di vigilanza, mentre l’ayatollah Khamenei, secondo fonti vicine al regime, sarebbe stato trasferito in una località segreta con i suoi più stretti collaboratori.
L’Assemblea degli Esperti, intanto, è pronta a valutare scenari d’emergenza qualora si renda necessario un cambio di leadership. La sensazione diffusa è quella di trovarsi a un bivio epocale: le prossime ore potrebbero segnare l’inizio di un nuovo assetto geopolitico o un’ulteriore spirale di tensioni dagli esiti imprevedibili.