Un capello nella spazzatura riapre il caso Poggi: nuove analisi genetiche in corso

Durante l’incidente probatorio sul caso di Chiara Poggi, è stato ritrovato un capello nella spazzatura domestica: gli inquirenti lo analizzeranno per estrarne il DNA e chiarire se appartenga alla vittima o a un’altra persona presente in casa il 13 agosto 2007.

Un capello nella spazzatura riapre il caso Poggi: nuove analisi genetiche in corso

Un capello lungo appena tre centimetri, ritrovato in un sacchetto della spazzatura nell’abitazione di Chiara Poggi, potrebbe riscrivere — o almeno arricchire — il quadro investigativo su uno dei casi più discussi degli ultimi decenni.

A distanza di quasi diciotto anni dai fatti di Garlasco, quel minuscolo frammento organico sarà ora analizzato per cercare di estrarne il DNA. Un dettaglio che, a seconda dei risultati, potrebbe non aggiungere nulla. Oppure, molto. Il reperto è emerso nel corso della seconda giornata dell’incidente probatorio in corso al Tribunale di Pavia.

Si trovava in un sacco azzurro della raccolta rifiuti, accanto a quelli che gli investigatori ritengono essere i resti di una colazione consumata il 13 agosto 2007, giorno in cui Chiara perse la vita. Un dettaglio apparentemente secondario, ma che oggi assume tutt’altra importanza: perché secondo chi indaga, quella colazione non sarebbe stata fatta da sola.

E se quel capello appartenesse a una persona diversa da Chiara, potrebbe essere una traccia chiave. I consulenti tecnici incaricati dal giudice, Denise Albani e Domenico Marchigiani, sono ora chiamati a un lavoro delicato: determinare se il capello contenga il bulbo, da cui estrarre il DNA nucleare, utile a una possibile identificazione.

In mancanza, si procederà con l’analisi del DNA mitocondriale, che consente comunque di confermare o escludere parentele. Questo nuovo esame si inserisce in un contesto più ampio: quello della riapertura investigativa attorno a due profili genetici rilevati nel 2007 sul corpo di Chiara, e mai completamente spiegati.

Uno è quello di Andrea Sempio, allora amico della vittima; l’altro è quello del cosiddetto “Ignoto 2”, un profilo mai identificato e ancora al centro delle ipotesi in campo. Nel 2008 vennero già analizzati ben 17 capelli trovati nella stanza dove si consumarono i fatti. Solo uno presentava il bulbo e apparteneva alla giovane.

Gli altri, pur compatibili con il suo profilo mitocondriale, non permisero alcun passo avanti. Ancora più controverso, però, fu il fatto che non vennero mai esaminati i capelli rinvenuti nel lavandino del bagno, dove si ipotizza che l’autore del gesto si sia lavato: un’assenza che oggi pesa, alla luce dei nuovi strumenti investigativi disponibili.

Oltre al capello, nel 2007 vennero repertate diverse impronte digitali e palmari all’interno dell’abitazione, giudicate allora non significative. Oggi, con tecniche più raffinate e con nuovi confronti genetici disponibili, anche quelle tracce tornano d’attualità. Tra di esse, la famosa impronta numero 13 sull’anta della cucina o quella digitale accanto alla finestra. Se riconducibili ai profili oggi noti — o a quelli ancora da scoprire — potrebbero fornire un nuovo tassello al mosaico.

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