Il fine settimana è cominciato come peggio non avrebbe potuto per il social network di Mark Zuckerberg, visto che la Commissione Federale per il Commercio degli USA ha formalmente stabilito l’ammontare (il più alto mai somministrato a una società hi-tech) della multa da comminare a Facebook per il caso Cambridge Analytica: nel frattempo, nuove grane emergono anche per Libra, la criptovaluta patrocinata da Menlo Park che, ora, si ritrova ad avere un’antagonista del tutto inattesa.
Nelle scorse ore, il quotidiano finanziario Wall Street Journal e il network economico CNBC hanno sganciato una vera e propria bomba mediatica, rivelando che la FTC americana ha deciso a maggioranza, con i democratici che si sono opposti, ritenendo più utile elaborare delle severe norme quadro che vincolino il social alla tutela della privacy, ed i repubblicani che hanno votato a favore, pur con qualche perplessità a proposito della sanzione ritenuta “un buffetto” per un’azienda del genere, di quanto sarà la multa che Facebook dovrà pagare per le leggerezze commesse nel caso Cambridge Analytica (società di analisi che, sfruttando un test psicologico, acquisì i dati di 87 milioni di utenti, per elaborare pubblicità mirate che condizionarono l’esito delle presidenziali 2016).
Le indagini che hanno portato alla decisione di attribuire una maxi multa di 5 milioni di dollari a Facebook (la seconda sanzione più pesante, dopo quella del 2012 che costò a Google un esborso di 22.5 milioni di dollari) erano partite nel Marzo del 2018 e, nel corso del loro svolgimento, avevano toccato il punto clou con la celebre audizione di Zuckerberg al cospetto del Congresso: Facebook non ha ancora rilasciato alcuna comunicazione ufficiale (potrebbe anche farlo dopo il pronunciamento ultimo del Dipartimento di Giustizia) ma, a quanto pare, sembra probabile che a Menlo Park dovranno accantonare altri 2 miliardi di dollari, oltre ai 3 che avevano già messo in conto di dover sborsare alla FTC.
Come presa tra due fuochi, altri problemi – per Facebook – arrivano dalla Cina, e riguardano il progetto della criptovaluta Libra che non sarebbe piaciuto nemmeno alle autorità di Pechino. Nei giorni scorsi, l’ex presidente della Banca Centrale cinese, Xiaochuan Zhou, aveva anticipato che il suo governo avrebbe preso contro Libra dei provvedimenti che, secondo South China Morning Post di Hong Kong, potrebbero tradursi, in barba al divieto locale (del 2017) di scambi in Bitcoin, nel varo di un nuovo (dopo quello accantonato nel 2014) progetto di moneta virtuale nazionale.
Lo scopo, in questo caso, sarebbe non solo quello di mettere un piede nel mercato dei pagamenti digitali, ma anche di fronteggiare un eventuale eccessivo rafforzamento del dollaro, tra le monete a cui Libra si è ancorata per tenere a banda la volatilità tipica del suo essere virtuale.