Ucraina: ribelli ritirano armi pesanti, ma con riserva

Il presidente dell'Ucraina Petro Poroshenko ha annunciato il parziale ritiro dell'artiglieria ribelle, ma crescono ancora le tensioni ad Est: la Russia imbottisce la Crimea di missili, mentre dalla GB fanno sapere: "Tornati a reclutare chi parla russo"

Ucraina: ribelli ritirano armi pesanti, ma con riserva

I separatisti ribelli stanno provvedendo al ritiro di “una parte significativa” delle armi pesanti, così come previsto dall’accordo di Minsk. Ad annunciarlo è lo stesso Presidente ucraino Petro Poroshenko, che però non può esultare appieno. Poiché stando a quanto riferito dallo stesso Premier nel corso dell’intervista, il ritiro totale dell’artiglieria sarebbe ancora ben lungi dall’essere completato, ed anzi i filorussi starebbero colpevolmente procrastinando le operazioni in quel di Donetsk. La zona nei pressi dell’aeroporto, nella quale Poroshenko sottolinea che “i rappresentanti dell’Osce non sono riusciti ad entrare”, continua infatti ad essere presidiata dalle armi pesanti dei ribelli.

Il Presidente dell’Ucraina ha poi continuato parlando di altri 64 soldati ucraini uccisi dalle forze separatiste dal 15 Febbraio ad oggi, ovverosia dal giorno in cui entrò in vigore il cessate il fuoco raggiunto grazie all’accordo di Minsk. Un provvedimento palesemente di facciata mai preso realmente sul serio, in paricolar modo dai filoseparatisti, desiderosi semplicemente di vedere l’Ucraina annessa alla Russia, e disposti a continuare con ogni mezzo a combattere per questo obiettivo. Se i dati forniti da Poroshenko sono esatti, con quelle 64 “nuove vittime” arriverebbe a 1549 il numero di soldati ucraini uccisi dall’inizio del conflitto. L’esercito regolare denuncia inoltre un’ennesima violazione del cessate il fuoco registrata a Mariupol, dove i ribelli hanno attaccato le postazioni di Shirokine, prendendole d’assalto con carri armati e mortai.

Andrei Purghin, uno dei vertici politici a capo della cosiddetta “Repubblica di Donetsk”, si è lanciato in un botta e risposta con il Presidente ucraino, ribattendo piccato che l’operato dei ribelli è dovuto al blocco economico imposto dal governo dell’Ucraina nei confronti delle regioni occupate dai filoseparatisti. Nonostante la difficile situazione comunque, Purghin ha riferito a Ria Novosti che “a poco a poco si sta riprendendo il lavoro degli enti locali, anche se ancora lascia molto a desiderare”, ricordando come il cessate il fuoco, per quanto non completamente rispettato, abbia comunque permesso il ritorno a casa di un gran numero di profughi.

Ma se da una parte le parole di Purghin sembrerebbero aprire uno spiraglio di speranza tra le spesse nubi che intristiscono il cielo sopra l’Est dell’Ucraina, dall’altra ci ha pensato Philip Breedlove, comandante delle truppe NATO in Europa, a fugare ogni tentativo di fare del precoce ottimismo: la Crimea, invasa l’anno scorso dalla Russia ed annessa ai propri territori con la forza, sta diventando una regione-deposito d’armi, ed è stata riempita da Putin con missili a lunga gittata capaci di attaccare qualsivoglia obiettivo nelle regioni del Mar Nero.

Il commento più emblematico rimane comunque quello di Philip Hammond, Segretario agli Affari Esteri del Regno Unito, che ha saputo riassumere alla perfezione il clima di tensione crescente che si respira ad Est in questo periodo: “Tutte le nostre agenzie hanno ripreso a reclutare persone che conoscono la lingua russa”. Un monito che non lascia spazio ad interpretazioni: l’Occidente sta tornando a guardare alla Russia con sospetto e preoccupazione, come non succedeva ormai da quel fatidico 1991. A volte, ritornano.

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