Giulio Regeni e altri 245 studenti assassinati dalla polizia egiziana

Come Giulio Regeni, il ricercatore italiano il cui corpo è stato trovato in un fosso a 20 chilometri da El Cairo, altri 245 studenti sono stati assassinati dalle forze di sicurezza egiziane.

Giulio Regeni e altri 245 studenti assassinati dalla polizia egiziana

Era arrivato a El Cairo nel mese di settembre scorso con l’obiettivo di preparare la sua tesi sui movimenti sindacali egiziani: il corpo seminudo di Giulio Regeni è stato trovato in un fosso a 20 chilometri dalla capitale egiziana, con i segni indelebili dello strazio che ha sofferto, bruciature di sigarette, ferite di arma da fuoco ed ematomi. Secondo il ministro degli Interni italiano, per quattro lunghi giorni ha subito “qualcosa di disumano, come se fosse un animale, una violenza inaccettabile”.

Ciò che è successo allo studente italiano assomiglia moltissimo alle pratiche che subiscono gli universitari egiziani.”245 studenti sono stati assassinati dalle forze di sicurezza“, ha dichiarato al quotidiano El Mundo, Seif el Islam, portavoce di Studenti per la Libertà, un’organizzazione locale che si dedica a combattere lo “stato di assedio” tra le mura delle facoltà del paese dei faraoni. “Il regime ha preso di mira gli universitari”, denuncia Seif, dal suo esilio turco. “Come molti altri studenti, ho dovuto abbandonare il paese. Mi hanno espulso dalla Facoltà di Medicina quando ero al sesto anno”, ha aggiunto.

Una settimana fa, il Governo egiziano ha rivelato l’entità della repressione che imbavaglia le aule. Secondo il Ministero dell’Interno, le autorità carcerarie hanno permesso che 3.462 studenti potessero sostenere gli esami di gennaio dallo loro celle. La maggior parte di loro sono stati portati in gattabuia in forza della legge draconiana promulgata nel 2013, servita per affogare il grido di libertà che avvolse la piazza Tahrir cinque anni fa. Studenti per la Libertà stima che la cifra è in realtà decisamente più drammatica: circa 4.700 studenti sono stati arrestati in seguito alla rivolta che ha spodestato l’islamista Mohamed Mursi.

Tra loro, Yasin Sabri, arrestato nel gennaio del 2014, poco prima di sostenere un esame. “Un ufficiale ha controllato il suo zaino e ha trovato un romanzo di Naguib Mahfuz e un adesivo del Cammino della Rivoluzione, un movimento di sinistra”, e per questo è stato subito portato in commissariato, racconta suo fratello. Da allora, Yasin è stato trasferito in diversi centri penitenziari accusato di aver partecipato a manifestazioni, di aver posto resistenza alla polizia e di aver ostacolato il transito nelle vie pubbliche. Come normalmente accade in Egitto, la sua detenzione preventiva è stata rinnovata una e più volte fino a quando, otto mesi dopo, è stato condannato a quattro anni di carcere e altri quattro di libertà vigilata, durante un processo nel quale la corte ha rifiutato di ascoltare la difesa.

Le aule delle facoltà sono capitanate da decine di agenti della sicurezza privata e le autorità accademiche hanno raddoppiato le punizioni contro coloro che partecipano ad attività politiche, compresa l’espulsione dal campus. Una libertà accademica che non esiste in Egitto e della quale Giulio Regeni è diventato il simbolo. “Possiamo immaginare il modo in cui la sicurezza dello Stato abbia visto un ricercatore italiano che parlava con fluidità l’arabo e girava per le strade senza permesso”, ha confessato Jaled Fahmi, professore di Storia dell’Università di El Cairo, in un articolo pubblicato sul portale Al Bedai.

Continua a leggere su Fidelity News