Nigeria: linciata e bruciata per aver rifiutato la perquisizione

Non era un'attentatrice la donna linciata e bruciata in Nigeria dalla folla, rea di essersi rifiutata di subire la perquisizione. La sventurata ragazza era semplicemente affetta da problemi mentali: ormai è psicosi collettiva

Nigeria: linciata e bruciata per aver rifiutato la perquisizione

Era affetta da disabilità mentale, e questo l’ha portata a venire picchiata selvaggiamente, quindi infilata in un copertone cosparso di benzina e bruciata. Questa è la triste storia di Thabitha Haruna, 33enne uccisa domenica scorsa da quel sentimento di odio, paura e frustrazione che imperversa oramai da tempo in una Nigeria messa in ginocchio dalle continue atrocità dei Boko Haram. La pazienza della popolazione si è oramai esaurita da un pezzo, e tutto il Paese-che vanta il record di essere il più popolato del continente-è una gigantesca polveriera. In questo clima surreale, gli episodi di psicosi collettiva sono ormai all’ordine del giorno.

Ma quella che la folla era convinta essere una kamikaze dei fondamentalisti islamici, in realtà non era altro che una ragazza affetta da problemi mentali, che una tragica serie di coincidenze infauste hanno condotto ad una fine terribile. Primo fraintendimento: il rifiuto della perquisizione per entrare al mercato. Un segnale che ha subito allarmato i presenti, in quanto caratteristica contraddistintiva dei terroristi Boko Haram. Una tattica molto utilizzata dagli jihadisti operanti in Nigeria è infatti quella di mandare donne kamikaze nei mercati, solitamente gremiti di persone, per cercare di fare quante più vittime possibili. Qualora le fondamentaliste kamikaze dovessero trovare ostacoli ai check point, l’ordine è quello di farsi saltare in aria sul posto.

Si può quindi comprendere come, in quel clima di tensione surreale, le resistenze della giovane siano state fatalmente fraintese dalla folla. Secondo dettaglio: le due bottiglie legate alla vita. Anche qui, l’associazione è semplice: “ha addosso dell’esplosivo”. Nonostante i preziosi insegnamenti di Occam, per la seconda volta la spiegazione più semplice non era quella corretta. Ma vallo a spiegare a quella gente abituata a vedere donne farsi saltare in aria nei mercati un giorno sì e l’altro pure, dopo aver rifiutato di essere sottoposte ai controlli di routine. E’ successo numerose volte in Nigeria, persino con bambine-attentatrici, anch’esse largamente utilizzate dai Boko Haram. E così, dopo la paura, è subito scattata la violenza. Pugni, calci, percosse. E poi quel copertone infilato al collo e cosparso di benzina, che una volta incendiato l’ha trasformata in un attimo in una pira umana.

“Sono molto triste perché è sangue del mio sangue. Dormivamo nello stesso letto, mangiavamo dallo stesso piatto. Per me è un grande dolore”. Queste le parole della sorella di Thabitha, citate dall’emittente britannica Bbc. Una dichiarazione alla quale fa eco quella del portavoce della polizia di Bauchi, Haruna Mohammed, riportate da France Presse: “Non aveva alcuna intenzione di commettere un attentato. Come esponenti delle forze dell’ordine, non abbiamo nessuna intenzione di permettere che la gente si faccia giustizia da sola. Proseguiremo le indagini ed arresteremo i responsabili di quanto avvenuto, per consegnarli alla Giustizia”.

“E’ uscita di casa sabato, senza dire dove andava-ha invece raccontato la madre, raccontando inoltre che Thabitha aveva lavorato proprio in quel mercato fino al 2007, quando iniziarono ad insorgere i primi segni della sua patologia mentale-è stata cercata in tutto il quartiere, ma è stat ritrovata solo il giorno dopo al mercato Muda Lawal dov’è stata linciata, umiliata e bruciata”. Una vicenda orribile e terrificante, che ricorda quanto la paura possa far regredire gli esseri umani, rendendoli capaci di atti di indicibile efferatezza, al primo segnale d’allarme.

Continua a leggere su Fidelity News