Nelle scorse ore, Twitter è tornata protagonista della cronaca hi-tech nuovamente per le estrose scelte del suo neo proprietario Elon Musk, finite sotto la lente d’ingrandimento delle istituzioni europee, ma anche criticate per il loro cagionare quella che è stata definita “la crescente instabilità e volatilità di Twitter“.
Nella giornata di giovedì, Twitter ha sospeso gli account di 8 giornalisti di testate famose e affidabili, tra cui Drew Harwell del Washington Post, Matt Binder di Mashable, Ryan Mac del New York Times (che ha definito le sospensioni discutibili e non motivate), e Donie O’Sullivan della CNN, a quanto pare – secondo l’imprenditore Mike Solana – per aver condiviso – via tweet – link al profilo Mastodon del bot @ElonJet, che segnala in tempo reale gli spostamenti del jet di Elon Musk. Il bot in questione era stato sospeso il 15 Dicembre, nonostante le promesse precedenti di Musk (“persino i miei critici peggiori restino su Twitter perché questo è ciò che significa la libertà di parola“), dopo che uno stalker aveva seguito un’auto, in cui c’era il figlio di 2 anni del miliardario, pensando che la stessa ospitasse Musk in persona.
A dare validità a tale sospensione e verosimilmente a quella dei giornalisti, era stata poi varata ex post una norma che prometteva la sospensione per “ogni account che diffonde informazioni personali su dove si trova una persona in tempo reale” posto che ciò viola le norme sulla sicurezza fisica, costituendo un pericolo per le persone. La nuova regola, secondo Musk, “si applica ai giornalisti come a tutti gli altri”. L’UE, tramite Vera Jourova, presidente della Commissione europea, ha promesso conseguenze nel caso di altre misure contro i giornalisti posto che le leggi continentali sui servizi digitali impongono, tra le altre cose, di rispettare la libertà dei media. Secondo il massmediologo Matt Navarra, le testate stesse dei giornalisti sospesi stan considerando delle opzioni ritorsive: ad esempio, interrompere la pubblicità sul social, ritirare la copertura su Twitter, ritirarsi dal programma Amplify (pubblicazione dei video e condivisione delle entrate). Il social, in ogni caso, dopo un sondaggio condotto in merito dal suo timoniere, ha incominciato a riabilitare gli account dei giornalisti sospesi.
Nel frattempo, è arrivato il ban dell’account della piattaforma rivale Mastodon e dei link di Mastodon, sia di quelli che non recano il riferimento al servizio nel nome di dominio (es. SciComm.xyz e journa.host) che di quelli che lo fanno: la motivazione è che molti giornalisti avevano aggirato il ban condividendo i link a @ElonJet su Mastodon, come confermato dalla nuova responsabile moderazione dei contenuti, Ella Irwin, secondo cui le nuove regole anti doxxing proibiscono anche di “condividere link a pagine esterne alla piattaforma, se includono informazioni sulla posizione in tempo reale di qualcuno“.
Legata a questa vicenda è anche il fatto della sospensione temporanea del servizio in-platform Spaces. Molti giornalisti sospesi avevano scoperto di poter dialogare ancora su Spaces e si erano radunati in una chat room audio per discutere di quello che era loro successo: Musk è intervenuto giusto per spiegare il loro ban come connesso al doxxing e, dopo è uscito dal relativo Space che – poco dopo – si è interrotto, con la piattaforma che ne ha comunicato il riavvio forse domani per gli Spaces, dopo averne risolto un “vecchio bug“.
Infine, forse legato alla vendita di azioni Tesla per reperire fondi da investire in Twitter, è la vicenda conclusiva di questa carrellata. Secondo Semafor.com, Jared Birchall, il gestore finanziario di Musk, ha inviato una mail a potenziali investitori (tra cui Ross Gerber, che ha confermato), chiedendo loro se siano interessati a comprare azioni di Twitter, per 54.20 dollari ad azione (tanto quanto le pagò Musk al momento dell’acquisto).