Ultimamente, in tema di privacy, le cose vanno proprio male a Facebook. Nelle scorse ore si è visto come le autorità di Nuova Delhi, India, abbiano stoppato il progetto Free Basics, l’internet universale di Facebook, perché non rispetterebbe la neutralità della Rete. Oggi, poi, arriva una decisione del Garante della Privacy francese in base alla quale Facebook ha tre mesi per conformarsi alle locali leggi in tema di riservatezza e smettere di tracciare anche i non utenti. Altrimenti?
Ricapitoliamo. Facebook sta cercando di aumentare i suoi iscritti ovunque offrendo Free Basics, un internet ristretto a misura del social in blu e, da Nuova Delhi, gli han risposto “No, grazie. I servizi “zero rated” che privilegiano alcuni contenuti a discapito di altri qui non li tolleriamo“. Con tanti saluti ai suonatori.
Anche in tema di privacy, Facebook sta incamerando una batosta dietro l’altra. Ad Ottobre, infatti, la Corte di Giustizia europea aveva bocciato il trasferimento dei dati degli utenti continentali dall’Irlanda ai server yankee perché, negli USA, i dati personali sono soggetti ad eccessive attenzioni da parte dei servizi (vedi caso Snowden). Il colpo del knock-out in ambito riservatezza – per Facebook – però, potrebbe venire da Parigi.
In questi giorni, la combattiva Falque-Pierrotin, presidente della Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés (il Garante della Privacy in salsa gallica), ha assemblato un bel faldone di 17 pagine a carico dell’azienda di Menlo Park. E non sono rose e fiori, anzi.
Nel dossier Facebook, la Falque-Pierrotin nota che Facebook traccia i dati delle persone anche al di fuori della sua piattaforma. Basta che si sia su un sito di terzi, in presenza del classico plug-in Condividi, perché scatti il monitoraggio delle opinioni politiche, sessuali e religiose (e di consumo) delle persone, persino se non iscritte al social di Mark Zuckerberg. Il brutto di tutto ciò è, si fa notare, che tale raccolta dati avverrebbe senza il preventivo consenso esplicito delle persone coinvolte.
Altro aspetto spiacevole della vicenda, spiega la Garante della Privacy di Parigi, è che i dati in questione non verrebbero solo raccolti da Facebook ma anche trattati a fini pubblicitari onde bombardare l’utente di banner contestualizzati e ben mirati: prassi, quest’ultima, che verrebbe perpetuata senza offrire agli utenti internettiani francesi nessuno freno (es. strumenti di “opt-out” a queste pratiche).
In conclusione, il rapporto di Parigi su come Facebook gestisce la privacy dei suoi cittadini è pessimo e impone, con una sorta di messa in mora, a Facebook di adattarsi alle leggi francesi in tema di riservatezza e privacy entro e non oltre 3 mesi.
Cosa possa avvenire dopo, non è ben chiaro. Non si sa, ad esempio, se Parigi sia disponibile a spingersi al banning dei servizi di Facebook su tutti i suoi territori (nazionali e metropolitani), o se preferirà limitarsi ad una bella multa progressiva, ma una cosa è certa: con il Dossier in questione che intimerebbe a Facebook lo stop al tracciamento anche dei non utenti, Facebook ha un nemico in più. E bello tosto.