Meta/Facebook: problemi con Russia, recensioni false, multe, malfunzionamenti Protect

Al netto di una serie di interessanti iniziative riguardanti la tutela dei marchi e dei loro investimenti pubblicitari, Meta è stata letteralmente sommersa, negli ultimi tempi, da una valanga di problemi: ecco alcuni di quelli che più stanno togliendo il sonno a Zuckerberg.

Meta/Facebook: problemi con Russia, recensioni false, multe, malfunzionamenti Protect

Non si può certo dire che prosegua bene il weekend per Meta e per il suo fiore all’occhiello, Facebook che, pur impegnati meritevolmente nel proteggere gli investimenti dei brand e delle aziende (loro clienti), si sono trovati coinvolti in nuove multe, problemi con le istituzioni (russe), senza dimenticare il problema delle false recensioni e il sistema di protezione degli account sensibili (attivisti, giornalisti, funzionari governativi, etc) che sembrerebbe far più danni che altro. 

Nel 2017 Google perse milioni di dollari in investimenti pubblicitari, dopo che grossi marchi come Walmart, Pepsi, Pepsi, Johnson & Johnson e Verizon ritirarono i loro annunci irritati da fatto che alcuni di essi erano apparsi, su YouTube, accanto a video che promuovevano l’incitamento all’odio ed opinioni estremiste. Da allora i controlli di sicurezza del marchio sono diventati nevralgici per le piattaforme web, compresa Facebook che, in ta campo, ha già varato strumenti di supervisione, come gli elenchi “consenti editori” e l’esclusione degli argomenti. A tali strumenti se ne aggiungeranno altri.

Nello specifico, Meta, la casa madre del social in blu, ha annunciato una collaborazione con Zefr, per sviluppare strumenti che analizzino, nel feed, l’idoneità dei contenuti che appaiono accanto agli annunci: ciò si esplicherà in un un test, che prenderà piede su piccola scala nel terzo trimestre del 2022, per poi affermarsi, come disponibilità limitata, nel trimestre successivo. Parimenti, l’azienda sta sviluppando anche dei controlli interni di idoneità, atti ad assicurare maggior controllo, agli inserzionisti, su dove appariranno le loro pubblicità: si inizierà, principalmente con i mercati di lingua inglese, nella seconda metà di quest’anno, con il test di nuovi controlli per il feed di Instagram e Facebook. In seguito, ci si espanderà ad altre lingue e, nelle due piattaforme menzionate, su altre superfici, come l’Esplora di Instagram, i Reels, i feed video e le Storie. 

A parte l’iniziativa in questione, il clou del weekend di Facebook/Meta si è aperto all’insegna delle (tante) cattive notizie per Mark Zuckerberg. Nel mentre scotta ancora l’avvio di nuove indagini su pratiche anti-concorrenzionali, avviate sia dal Regno Unito che dall’Unione Europea, è giunta la notizia secondo cui l’autorità irlandese per la tutela dei dati personali ha multato per 17 milioni di euro Facebook, per violazione del GDPR in merito ad alcuni attacchi hacker che, subiti ne 2018, coinvolsero 30 milioni di utenti del social, 3 dei quali nel territorio del Vecchio Continente. La motivazione della multa è che Meta non avrebbe approntato “misure tecniche e organizzative” che fossero adeguate a dimostrare di aver fatto tutto il possibile per proteggere i dati degli utenti: Menlo Park, in tal senso, ha subito precisato che la multa non riguarda la mancata protezione dei dati degli utenti ma le pratiche di conservazione dei registri, comunque aggiornate proprio a seguito degli eventi del 2018. 

Anche le false recensioni continuano a essere una piaga su Facebook, che in tal senso – onde porvi rimedio – ha intentato una nuova causa, questa volta in California. Nello specifico, il social ha intrapreso un’azione legale contro Chad Taylor Cowan, che aveva creato una rete di account assunti o fraudolenti per fornire false recensioni dei clienti, al fine di alterare in modo positivo i feedback delle aziende sue clienti: il tutto si riferisce al fatto che, dopo il click su un annuncio, agli utenti viene spesso sottoposto un sondaggio in cui si chiede loro la soddisfazione sulla merce comprata, i tempi di spedizione, l’esperienza col servizio clienti. Tali risposte poi influiscono sul feedback di un’azienda che, nel caso riceva punteggi troppo bassi, si può veder sospeso l’account Facebook, veder imposte sanzioni pecuniarie o ricevere restrizioni sugli annunci. 

Anche con la Russia, le cose non vanno bene (e il blocco di Instagram da 14 Marzo, sancito dall’ente di vigilanza statale Roskomnadzor, lo conferma). In questo caso, il riferimento è a quanto svelato da Reuters analizzando alcuni documenti interni di Meta, con successiva conferma ufficiale fornita dal responsabile delle comunicazioni di Meta (Andy Stone), secondo cui le maglie della censura di Meta son state allentate (ma solo in alcuni mercati più “coinvolti”, come Slovacchia, Lettonia, Lituania, Estonia, Polonia, Ungheria, Romania, Azerbaigian, Georgia, Armenia, Russia e Ucraina) in merito ai messaggi d’odio contro il presidente russo Putin, contro quello bielorusso Lukashenko, e contro i militari russi: in compenso, continueranno a non essere tollerati i messaggi d’odio contro i semplici civili russi. Oltre all’Onu (che caldeggia un abbassamento dei toni), anche Mosca non ha preso bene la misura: dall’ufficio del procuratore generale russo è partita la richiesta di riconoscere Facebook come “organizzazione estremista“, mentre il locale Comitato Investigativo ha avviato un procedimento penale contro la parental company Meta con l’accusa di incitazione all’omicidio e alla violenza contro i cittadini russi.

Dulcis in fundo (si fa per dire): Facebook ha preso a bloccare l’accesso all’account a molti utenti. Il motivo è che, negli scorsi giorni, ad alcuni utenti considerati più a rischio di attacchi hacker, era stato richiesto di attivare la funzione di tutela (monitoraggio anti hacking e autenticazione a due fattori) Protect. Il problema è che molti dei destinatari, temendo che si trattasse di phishing, hanno ignorato l’avviso che conteneva una scadenza, il 17 Marzo, con la conseguenza di essersi trovati l’account bloccato da Facebook.

Il rimedio, poi, si è rivelato essere peggiore del male. La procedura di sbocco, che passa per l’attivazione tardiva di Protect, non sempre funziona: in alcuni casi, inoltre, verrebbero inviati codici di sblocco errati, mentre si registrano pure episodi di blocchi avvenuti ai danni di chi aveva già attivato Protect

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